lunedì 18 luglio 2011
IL META-TEATRO DI PIRANDELLIANA
di Paola Monaco
Immaginate una
sorta di limbo dove possano rifugiarsi le anime di quelle creature che,
scaturite dalla fantasia di un autore, rimangono in attesa di incarnarsi in un ruolo definito che dia
loro identità. Proprio da questo mondo sembrano provenire i Sei personaggi in cerca di autore, che
piombano all’improvviso sul palcoscenico del giardino della Basilica dei Santi
Bonifacio e Alessio all’Aventino, durante le prove di una commedia di
Pirandello, rivendicando il loro diritto a vivere,
magari rappresentando la loro stessa esistenza.
Già a partire da
questa intrusione, i piani spazio-temporali del dramma si intrecciano,
confondendosi, e le rigide definizioni delle parti, simboleggiate da maschere,
vengono totalmente scardinate: sulla scena ci sono attori che recitano e altri
che recitano il recitare.
Lo spettatore deve
aguzzare l’ingegno per mantenere una visione chiara di ciò che sta accadendo. In
questo sforzo giunge in soccorso il regista che, con il suo fare disinvolto e
determinato, cerca, di tanto in tanto, di tirare le fila della complessa storia/tragedia
che va prendendo forma e di coordinare invano l’interazione tra compagnia reale
e potenziale, entrambe inserite nel
discorso del teatro nel teatro, dove
i confini tra realtà e finzione sono estremamente sfumati.
Il direttore
rappresenta una sorta di elemento super
partes, un burattinaio che tiene le redini di quest’enorme pupazzata e copre un ruolo che anche lo stesso autore si
rifiuta di svolgere. Calati in una
situazione aperta e problematica, gli attori della Compagnia teatrale La bottega delle maschere rappresentano,
con abilità e convinzione, la Domanda, applicabile sia alla vita cha al teatro:
verità o menzogna?
Mettendo a frutto
un’esperienza trentennale, essi riescono a coinvolgere lo spettatore in questo
grande gioco. La loro recitazione,
estremamente persuasiva, è tanto più efficace quanto più riesce ad impedire al
pubblico un’identificazione con i personaggi. Gli stessi componenti virtuali della famiglia non riescono a immedesimarsi
con gli attori che vogliono rappresentarli, a volte in modo buffo e affettato. In
questo Bergson può fare scuola: come riconoscersi in un altro se noi stessi
mutiamo di continuo il nostro essere, nel flusso ininterrotto della vita? La
realtà è soggettiva e sfugge ogni presa. Cercare di rappresentarla è una
follia. Ma d’altronde, come affermano gli stessi attori, la follia è lo strumento di cui si serve la natura per rendere ancora
più viva la creazione.
Sulla scena, alcune
parti, come quelle dei due giovinetti, sono paragonabili, per la loro
immobilità, a sagome di cartone, mentre altre hanno lo spessore di
figure-simbolo, come la Madre addolorata. Ma il Padre e la Figliastra fanno
buona parte del gioco, affermando, soprattutto nel secondo caso, un io strindberghiano prepotente e accentratore.
Il dramma non è più armoniosa fusione delle parti, ma un enorme mosaico in cui
ogni tessera si accosta all’altra senza legarsi. Per di più, esso non ha
soluzione, al punto che solo un tuonante sparo può determinarne la fine
improvvisa, riflettendo il tragico epilogo di una storia ormai passata.
Benché questo
capolavoro venga continuamente messo in scena dalle compagnie teatrali più
diverse, la Bottega delle maschere sembra aver sviluppato, in virtù di un
decennale lavoro di interpretazione dei personaggi pirandelliani, una speciale
abilità nel rappresentare ciò che per l’autore è irrappresentabile, ossia la
vita.
Sei personaggi in
cerca d’autore
La Bottega delle maschere
Giardino della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio
all’Aventino
Regia: Marcello Amici
Direzione artistica: Natalia Adriani
Pirandelliana
2011, dal 5 luglio al 7 agosto 2011
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teatri di cartapesta
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