TDC E' UN portale CHE vuole dare voce ad un nuovo modo di fare critica. Una critica che non attacca, una critica che respira, che si riconosce in ciò che vede. Consapevolezza, introspezione ed umiltà sono le parole che descrivono tale lavoro di ricerca. Perché fare critica non sia più scrivere solo di teatro, ma divenga finalmente scrivere per il teatro

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sabato 5 marzo 2011

La fine dei babilonia teatri

La presenza di un Cristo disteso sul pavimento, in modo ingrato, senza braccia, riposto ai margini della scena. Accanto al suo corpo mutilato, occupa lo spazio centrale, un frigorifero, apparentemente, dal valore simbolico indecifrabile. Corde pendono dal soffitto. Una donna dirompente, coperta da un vestito luccicante, riflette la luce dell’ambiente adiacente. Espone le sue mani al pubblico. Mani con le stimmate, partecipazione totale alla Passione del Nazareno. Inizia un monologo dal peso esistenziale lacerante, a tratti straziante. Riflessione dal sapore di dipendenza, quella sulla Morte umana. La caducità delle membra, il dolore dei segni del tempo, il senso dell’effimera esistenza. E’ la nenia di coloro che son risucchiati dal dovere del compatire chi dalla Morte è poco distante. Inizia la celebrazione dell’odio. Del disgusto. Dell’egoismo. “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera” . Così recita poi, la voce della giovane donna, che riporta i versi di Salvatore Quasimodo. Dalla rabbia alla malinconia. Da Cecco Angiolieri all’Ermetismo. Irrompe il pragmatismo di gesta quotidiane, insite di compianto, pregne di un fastidioso senso di cura per il morente, si giunge all’infinita malinconia, mai debellata, della solitudine. Attimi, solo attimi, di illusione di sopravvivenza. La realtà della condizione vitale non lascia scampo a nessun individuo. Un malsano senso di uguaglianza pervade i Campi Elisi, ospiti infelici del dio Ade, tutti soli nella comunione della fine. Il Cristo viene messo in croce dopo un sparo di pistola. Il palco aumenta di volume. L’atmosfera si fa tetra, sacra, mistica: la donna recita la quotidiana miseria delle fattezze umane, come un rosario suona ogni bestemmia, ogni parola pesa sulla coscienza. Urina. Feci. Sangue. Carne in decomposizione. Siamo il tutto e siamo il niente. Il phatos esplode. Entra nella pelle la paura di non restare, fino a trascinare le cuoia all’inverosimile della sopravvivenza. Tutto affinché non si muoia.

Viene aperto il frigorifero. Come vaso di Pandora. Si rivelano i mali. Una testa di bue. Una testa di asino. Le reliquie vengono portate al cospetto del dolore divino: il viso di un dio fattosi uomo è sulla stessa linea d’orizzonte di carcasse di bestie che appaiono indecorose. La morte come livella incorruttibile. Si dissolve l’ipotetica visione romantica dell’Eternità Sconosciuta in crude realtà di solitudine, di osservata totale impotenza. Si preferisce così, il gesto volontario dell’ autoproclamarsi la Fine.

Alla fine la luce è proiettata sul pubblico. Per chiarire che non è una messa in scena il repertorio di domande, a cui Babilonia Teatri ci sottopone, ma realtà quotidiana dalla quale non si sfugge. In cui ognuno di noi è attore protagonista della propria opera, diretta da un regista sconosciuto e dal finale scontato.

“The end” di Valeria Raimondi e Enrico Castellani è un lavoro di ricerca proiettato verso la riflessione che non consente delega, sull’esistenza che non conosce sconti di critica e di priorità.

The end

di Valeria Raimondi e Enrico Castellani

con Valeria Raimondi, Enrico Castellani, Ilaria Dalle Donne, Luca Scotton

collaborazione artistica Vincenzo Todesco

scene Babilonia Teatri/Gianni Volpe/Luca Scotton/Ilaria Dalle Donne

luci e audio Babilonia Teatri/Luca Scotton

costumi Babilonia Teatri/Franca Piccoli

organizzazione Alice Castellani

produzione Babilonia Teatri, CRT Centro di Ricerca per il Teatro

in collaborazione con Operaestate Festival Veneto e Santarcangelo 40

con il sostegno di Viva Opera Circus

Teatro Palladium – Roma

4/6 marzo 2011

Irene Corradino

mercoledì 2 marzo 2011

I tropici di Virgilio Sieni

Tristi tropici. Immersi in una profumata nuvola bianca, gli spettatori intravedono una danza tribale, scattosa, coinvolgente nella sua complessa ripetitività; la musica elettronica che l’accompagna sembra arrivare direttamente dalla terra, in una sfida comunicativa che si ripercuote su più sensi contemporaneamente.

La danzatrice ha la bocca dipinta di rosso, provocando nello spettatore occidentale un sentimento di compartecipe sofferenza fisica. Si tratta invece di un modo di truccare il volto: il modo delle tribù oggetto delle riflessioni di Lévi-Strauss nel suo saggio Tristes tropiques, sceneggiatura intellettuale di questa creazione di Virgilio Sieni.

Prendendo le mosse dal famoso antropologo, il coreografo vuole indagare le radici profonde dell’umanità, ritornando a queste comunità arcaiche, dedite alla pratica della pittura corporale, che è in primis atto culturale. Pur essendo totalmente immerse nella natura e pur convivendo a stretto contatto con i più disparati animali, spesso presenti sulla scena, queste popolazioni manipolano il loro corpo: primo segno di una creatività tutta umana, che fa del corpo un oggetto d’arte.

Come in un ovattato e nebuloso ventre materno, si assiste a coppie di danzatrici, molto eterogenee per età eppure omologate nell’abbigliamento, che si prendono per mano, giocano, si sussurrano informazioni, forse consigli sulla vita, di cui si sente l’importanza di essere informati.

Si muovono ora energiche e forti nei loro gesti fluidi, ora combattendo contro una pesantezza quasi atmosferica: la fatica del movimento rivela la difficoltà della ricerca dell’identità umana. A tratti viene da chiedersi se siano uomini o animali: soltanto attraverso la mediazione di una cultura tramandata dalle donne può avvenire la riconciliazione di due mondi, quello selvaggio indigeno e quello razionale occidentale, nell’antica unità perduta.

Partecipi di un immaginario primitivo ed ancestrale, le danzatrici dialogano tramite i loro corpi, dandosi indicazioni indispensabili, come quando la più anziana suggerisce lo spazio disponibile alla danzatrice non vedente, tramite il suono del respiro. È palpabile l’angoscia del pericolo e della dipendenza, accentuata dalle luci intermittenti.

Bisogna, quindi, fidarsi dell’altro se non si ha la capacità di vedere: affidarsi allo sguardo diverso e potente di una saggezza arcaica. Forse solo rendendosi invisibili, mimetizzando il volto con un trucco nero, si diventa in grado di guardarsi davvero attorno.

Virgilio Sieni, colto coreografo, riesce a comunicare tutto questo, fornendo idee estetiche che danno al pensiero molto materiale, grazie ad un ensemble di musica, luci, costumi, elementi scenici e ovviamente danza, di forte impatto emotivo.

L’intellettualismo, forse inevitabile in uno spettacolo così pieno di rimandi, è spia della volontà di comunicare una messaggio importante e profondo.

Ludovica Marinucci

Ideazione, coreografia, scene Virgilio Sieni Interpretazione e collaborazione Simona Bertozzi, Ramona Caia, Elsa De Fanti, Dorina Meta, Michela Minguzzi Musiche originali Francesco Giomi luci Marco Santambrogio costumi Lydia Sonderegger maschere ed elementi scenici Chiara Occhini allestimento Francesco Pangaro

In scena al Teatro Palladium di Roma, il 26 e 27 febbraio 2011.

martedì 1 marzo 2011

tu stai con la danza?

Spettacolo e Cultura. Convegno a Roma con Italia dei Valori. Il ruolo della danza come professione

"La danza come investimento. Italia e Europa a confronto" è il titolo dell'incontro promosso da Niccolò Rinaldi, vicepresidente dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa e Capo delegazione dell'Italia dei Valori al Parlamento Europeo, che si svolgerà lunedì 21 Marzo alle ore 17 presso la Sala delle Bandiere del Parlamento Europeo sito in via IV Novembre 149 a Roma.

La discussione, moderata da Gianpaolo Marcucci responsabile del dipartimento Teatro e spettacolo dell'Italia dei Valori di Roma, ha l'obiettivo di riflettere sul ruolo della danza come risorsa economica oltre che culturale. Parteciperanno Fabio Evangelisti, Deputato e Coordinatore Regionale dell'Italia dei Valori Toscana, Carine De Volder, Project coordinator per la cooperazione europea, Joseph Fontano, Presidente WDA-EUROPE, Claudio Bucci, Consigliere regionale dell'Italia dei Valori Lazio, Danila Blasi, Presidente CORE e Maria Indiana Raffaelli, Responsabile sezione dipartimentale lavoratori dello spettacolo Italia dei Valori.

L'evento, analizzando gli esempi e le prospettive europee, si ripromette di tracciare il gap in tema di investimenti pubblici e privati che separa l'Italia dallo standard comunitario al fine di ripensare alla danza come risorsa economica e culturale e tutelare gli occupati di questo settore.

L'incontro si aprirà con una performance artistica. Seguirà rinfresco.

"La danza come investimento. Italia e Europa a confronto" Lunedì 21 Marzo 2011 ore 17 Via IV Novembre 149, Roma Parlamento Europeo,Sala delle Bandiere

Per informazioni: Gianpaolo Marcucci cell. +39 339 6517 088 email. gianpaolomarcucci@gmail.com