TDC E' UN portale CHE vuole dare voce ad un nuovo modo di fare critica. Una critica che non attacca, una critica che respira, che si riconosce in ciò che vede. Consapevolezza, introspezione ed umiltà sono le parole che descrivono tale lavoro di ricerca. Perché fare critica non sia più scrivere solo di teatro, ma divenga finalmente scrivere per il teatro

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sabato 30 luglio 2011

ENRICHETTA E CARLO: LA RIVOLUZIONE DELLA PASSIONE


di Paola Monaco

«Così dobbiamo dire, in generale, che nulla di grande al mondo è stato compiuto senza passione», scrive il filosofo tedesco Friedrich Hegel nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia.
E storia e passione si intrecciano sorprendentemente nel testo di Dacia Maraini, Enrichetta Pisacane, scritto per Altera Actione in occasione del 150° dell’Unità d’Italia.
Maggiormente noto è Carlo Pisacane, patriota temerario e attivo propugnatore della Repubblica Romana, fondata nel 1849 e destinata poi a fallire. Assetato di libertà, fino a morirne, rimane oggi un significativo esempio di eroismo d’altri tempi. Non da meno, tuttavia, è la sua compagna di lotta e di vita, Enrichetta Di Lorenzo di Sant’Elia, sulla quale l’autrice, con la sua singolare capacità di umanizzare il fatto storico, calandolo in una dimensione intensamente femminile, concentra in primo luogo la sua riflessione.
Con quella voce fragile, in un sussurro di confidenze, la protagonista, interpretata da una emozionante Simona Marchini, tutto sembrerebbe fuorché una donna impavida. E’ sperduta, ma mai rassegnata, mentre racconta alla figlia Silvia, in un dialogo immaginario che durerà per tutta l’opera, la ripugnanza dei momenti di forzata intimità con Dioniso Lazzari, anziano marchese napoletano cui fu destinata in moglie in giovane età. Chiudevo gli occhi e scomparivo come scompare un corpo nei sogni. La sua storia è proprio la cronaca di un sogno, quello dell’amore per Carlo, ma anche di tanto dolore, in parte capitato e in parte voluto, sopportato fino alla prova estrema della consapevole separazione dai suoi tre figli.
Il ricercato suono del violoncello va di pari passo con il vibrare della sua anima, ancora tormentata al ricordo dell’angosciosa e più volte perpetrata scelta tra bene e male, convenzione e scandalo, compromesso ed estremismo. Alla fine dei conti, lei sceglie semplicemente l’Amore, quello forte come la morte, che divampa come fuoco. E’ l’amore che infrange le barriere del diritto e della moralità, quello che non conosce la tiepidezza. E’ un’impronta sull’acciaio, incancellabile.
Ma la loro passione non è solo privata: è universale. La libertà è l’unico scopo per cui vivere e l’amore rende liberi, se è quello puro. Stralci di corrispondenza con Garibaldi, Mazzini, Nicotera, il fratello Filippo – quest’ultimo presente sulla scena – lasciano trasparire la determinatezza di Carlo. L’interesse per l’emancipazione di un popolo schiavo e abbrutito dall’ignoranza è il motore primo che agisce nel cuore dei nostri amanti. L’Amor che move il sole e l’altre stelle perde qui ogni prospettiva teologica e diventa umano, laico, democratico. E’ la ricerca del senso dello Stato che, ispirata al bene comune, supera l’uomo hic et nunc e raggiunge la sua massima espressione nella collettività. Non c’è miseria, sacrificio, paura che possa ostacolare questo progetto. Neanche la morte può farlo: quella che arriva beffarda e grottesca a segnare, nella grossolanità di una rivolta di contadini con pugnali e forconi, il destino di un grande uomo e, conseguentemente, della splendida donna che gli è sempre stata a fianco. Carlo Pisacane, ateo e repubblicano. E per questo è morto. E, nella sua estrema generosità, muore suicida, per non assassinare un contadino.
Dacia Maraini ha saputo scavare in modo sublime nelle pieghe della storia del Risorgimento italiano, rinvigorendola di nuovi significati e prospettive. Il regista Giorgio Treves, puntando all’essenziale, sposa la discrezione dell’autrice, esaltando in modo decisivo l’interiorità dei singoli protagonisti.  

ENRICHETTA PISACANE
di Dacia Maraini
Con Simona Marchini (Enrichetta), Andrea Giuliano (Carlo Pisacane) e Aldo Vinci (Filippo)
Jacopo di Tonno: violoncello; Regia: Giorgio Treves
Musiche: Lamberto Macchi; scene: Lorenzo Baraldi; costumi: Nicoletta Ercole
Disegno luci: Alireza Movahed; datore luci: David Barittoni;
Aiuto regia: Adamo Lorenzetti

20 luglio 2011
Rassegna I Solisti del Teatro, dal 14 al 29 luglio 2011
Giardini della Filarmonica Romana - Roma

venerdì 29 luglio 2011

AMORE E CARNE

di Andrea Palazzi e Emanuela Laurenti

Il teatro è evocazione. L’evocazione è input per i ricordi. I ricordi sono legati al dolore. Spesso. D'altronde anche le grandi tragedie greche nascono dal racconto di una ferita.
Il concerto/spettacolo messo in scena da Delbono e Balanescu è proprio un ricordo, un ricordo evocato e partorito da una notte nella quale i due artisti hanno fatto incontrare le loro passioni, le loro cicatrici d’infanzia, le loro vite. Ed è in questa notte che Delbono ricorda quei bui insonni, quando a tenerlo sveglio era il suono struggente del violino del padre. Intanto, Balanescu ripercorre, attraverso lo stridere delle sue corde, i disagi della sua terra da bambino, la Romania. Qui l’incontro delle loro memorie, la condivisione di quelle fragilità della carne, proprie dell’essere umano, dell’amore per la propria terra e, ancora, le proprie passioni. L’amore che accomuna gli uomini, come il dolore del resto.
Il violino apre la scena, incastonata in una Villa Adriana notturna, affascinante e suggestiva. E urla, urla da subito. È l’anima che le sputa. Spiazzano, suggeriscono pensieri crudeli, calcati dalla voce vigorosa di Pippo Delbono che sembra uscire da una grotta, tanto è profonda e umida. Voce e musica si intrecciano, si marcano a vicenda e sul palco non più quattro musicisti (Balanescu è accompagnato dal suo quartetto) ed un attore, ma a vivere è un’orchestra, perfetta e straziante d’emozione, fatta di corde stressate, corde di crini e di tendini umani che vibrano assieme, entrano sotto pelle ed evocano, evocano ad ognuno i propri ricordi marchiati a fuoco, dentro. Lo spettacolo fonde, fonde e forgia episodi vissuti, rivisitati.
Da Pasolini (è un momento intenso quello della Ballata delle madri) a Eliot, Whitman e Rimbaud. Vicissitudini congiunte, come se fossero dei fili segreti e magici a muoverci, a far si che la storia di ognuno si unisca all’altro, oltre la differenza, la terra, la lingua. E lo si avverte in quell’istante, quando la musica lascia spazio solo alle parole di un Balanescu che si rivela, rivela la sua Bucarest rifugio d’infanzia. Delbono lo narra, in una simmetria linguistica, eco di un’origine condivisa, comune.
Di nuovo, torna la voce ad accostarsi al violino. E restituisce il teatro, lo spinge in ogni dove, nei varchi, nella carne, nella testa, nelle viscere, del pubblico e dei teatranti. Ma soprattutto in quelle di Delbono, a tratti frenetico e folle, non solo nei movimenti, quanto nella voce, colorata e consumata da tutte le tonalità a lui possibili, fino a quell’urlo finale dal sapore di sfogo, di svuotamento, di musica. Balanescu fa altrettanto, non sta fermo, trema, tremano le sue corde, tremano in cinque sul palco. Riscatto di libertà, del sentirsi vivi, fatti di CARNE, di CARNE pulsante di AMORE.
Un urlo decisivo che scaraventa tutti nel luogo della realtà. E si torna ad essere reali, reali e deboli, e ancora fragili, da sempre, proprio lì, laddove l’amore e la carne sono gli universi eternamente vivibili. Proprio lì, laddove la musica è quel racconto che unisce, e dà armonia alle cose. Proprio lì.

AMORE E CARNE
di Pippo Delbono e Alexander Balanescu
con i musicisti del Balanescu Quartet : Alexander Balanescu (violino), James Shenton (violino), Katie Wilkinson (viola), Nicholas Holland (violoncello).
Sound Engineer: David Kent
Organizzazione: Aldo Miguel Grompone
FestiVAL – Festival Internazionale di Villa Adriana
20 maggio 2011 ore 21.00

giovedì 28 luglio 2011

LA VOCE IN DIRETTA: CRISTINA DIANI INTERVISTATA SULL’ATTUALE SITUAZIONE DELL’ACCADEMIA NAZIONALE DI DANZA


A cura di Federica Gualtieri

Dopo la messa in rete su scarpetterotte.blogspot.com di alcuni atti parlamentari e delle interpellanze succedutesi nell’ambito della odierna, ma trascinata da anni, situazione dell’Accademia Nazionale di Danza, e dopo la pubblicazione delle notizie riguardanti il suddetto sito su giornaledelladanza.com, anche la Redazione Teatri di Cartapesta ha voluto ficcare il naso in modo ancora più diretto sulla questione.
Abbiamo intervistato la sindacalista Cristina Diani riguardo la situazione in corso, cercando di delucidare ancora meglio le vicissitudini che hanno portato l’Istituzione nazione e pubblica ad essere oggi quella che è: una commistione, tra vanità, dispetti, bilanci preoccupanti, leggi e tasse, da cui sembrerebbe proprio difficile prendere le distanze. E, in tutto questo calderone, ci siamo chiesti quanto abbia inciso la Direzione – e le conseguenti scelte – vigente all’interno della scuola.

Cominciamo a parlare dell’aumento delle tasse dal ’97 ad oggi. Quale è stato l’elemento scatenante?
Quello secondo me è stato necessario perché sono aumentate anche le norme e sono cambiati i finanziamenti che vengono dal Ministero. Non lo imputerei ad una volontà precisa del direttore: non credo che avesse scelta.

Si spieghi meglio.
Nel ‘99 è stata promulgata la legge 508 che avviava il processo di autonomia delle istituzioni. Da ciò è conseguito che il Ministero, anche per contingenze economiche, ha proporzionalmente ridotto i finanziamenti. Prima dell’autonomia, le tasse andavano direttamente al Ministero del Tesoro, mentre l’ Accademia poteva chiedere solo un contributo volontario. Adesso, invece, è l’Accademia che chiede le tasse: il Ministero contribuisce in modo irrisorio. Non mi sento di essere polemica su questo. Lo sono invece per il fatto che il Ministero abbia smesso di occuparsi delle scuole pubbliche in totale. Questo vale per tutti. 

Invece, per quanto riguarda la qualità dell’Accademia, l’organizzazione, il corpo docente, l’insegnamento, la soddisfazione degli studenti, come sono cambiati, e soprattutto, che clima si crea al loro interno?
La qualità del corpo docente non è cambiata. Ciò che è cambiato è la sua gestione:il direttore non sfrutta né gestisce al meglio la qualità dei docenti interni, che oltretutto, sono vittime-bersaglio dei suoi dispetti. E, come se tutto ciò non fosse abbastanza, la modalità e l’utilizzo dei maestri ospiti è sempre non in collaborazione, bensì in opposizione con i docenti interni, i quali, invece, non sentendosi valorizzati, si dirigono altrove. Giustamente.

E, invece, per quel che riguarda la qualità logistica?
Non stiamo messi bene con gli spazi. Attualmente posso dire che è una questione di scelte.

A quale tipo di scelte si riferisce?
In precedenza, sotto le altre direzioni, c’era una scelta di qualità e con questo intendo non solo quella dei docenti, ma anche degli allievi: la selezione era molto rigorosa e con dei programmi molto precisi. Avevamo 250 allievi e docenti ridotti. C’è stata anche un’altra direzione che, per esempio, contemplava l’ingresso nella scuola di persone che, pur non avendo i requisiti per essere un danzatore, avrebbero potuto formarsi in tutti quei campi che ruotano intorno alla danza. Ora, invece, con la Parrilla, si è fatta una politica diversa, per cui ci sono 750 allievi e non di tutti talento è indubbio. È chiaro che se non tutti gli allievi non sono di qualità, anche lo studio nelle classi è più problematico. Inoltre, le classi sono super affollate, il numero degli studenti si è quadruplicato, e la struttura è insufficiente.

Posso chiederle che idea si è fatta lei riguardo a questa scelta?
La Parrilla avrà fatto questa scelta per poter dire che l’Accademia ha avuto un boom grazie a lei e per poter allargare l’organico, facendosi una certa corte. Questa non è una cosa necessariamente negativa: fa lavorare anche gente utile. Certo è anche vero che se prendi allievi non tutti dotati, non è che poi in un secondo momento gli puoi negare la danza. Ma siccome è incoerente con le scelte che fa, non fa una programmazione che abbia un senso.

Parlando dello statuto dell’Accademia, si legge di come vengono assegnate le cariche. E i mandati non durano più di tre anni. Cosa è successo dunque?
Fino al ‘99, il posto di direttore era un posto di ruolo, ottenuto tramite concorso e tale rimaneva fino al pensionamento. Nel ’96, quando ancora esisteva tale possibilità, la Parrilla è stata nominata direttrice per chiara fama sul un posto di ruolo, in dispregio al fatto che il collegio si fosse espresso con un proprio candidato. Diciamoci la verità: ci sono state volontà politiche. Lei fu voluta da Berlinguer ed è stata mantenuta da tutti quelli che sono venuti dopo. Quando nel ‘99 uscì la 508, che prevedeva l’elezione del direttore, lei si è trovata da occupante un ruolo irremovibile ed intoccabile.

Che cosa si intende per finanziamenti “aerei” non formalizzati da nessun ente pubblico?
Per capire questo, innanzitutto occorre distinguere l’Accademia dalla Fondazione. La prima è un Ente pubblico, e, in quanto tale, il bilancio è certificato dai Revisori dei Conti. Altro è la Fondazione. Riguardo quest’ultima, ho più volte esplicitato la mia opinione circa l’opportunità di chiuderla.

Chiudere la Fondazione? Per quale motivo?
Prima esisteva l’Opera dell’Accademia Nazionale di Danza che fu, poi, trasformata in Fondazione, passo obbligato perché richiesto dalle leggi. Fu, dunque, istituita nel ‘63 dall’allora direttrice Jia Ruskaja, poiché, altrimenti, finché l’Accademia non avesse avuto personalità giuridica, non avrebbe avuto la possibilità di ereditare, e lei voleva lasciare il suo patrimonio all’Accademia anziché lasciarlo al Ministero Della Pubblica Istruzione.
Dal ‘63 al ‘99, l’Opera ha comunque svolto un ruolo perché l’Accademia alcune cose non le avrebbe potute fare in quanto non era una personalità giuridica. Quando nel ‘99  la 508 ha attribuito all’Istituzione la personalità giuridica, la funzione dell’Ente è sparita e la Fondazione, occupandosi di attuare delle iniziative, ha contratto una quantità di debiti. 

Che cosa mi dice della nomina della Presidente  Larissa Anisimova?
Quando l’Opera fu trasformata in Fondazione, ha iniziato ad assumere in proprio attività che erano dell’Accademia e viceversa, e i Revisori Dei Conti applicarono dei cambiamenti: prima il presidente dell’Opera era anche il direttore della scuola; poi, l’Opera, avendo assunto una struttura più autonoma, aveva un proprio presidente, per evitare che fosse ancora commista con l’Accademia. Il consiglio accademico e il consiglio dell’amministrazione dell’Accademia hanno proposto Larissa Anisimova, già presidente dell’Associazione Arco e che già aveva collaborato con l’Accademia.

Cosa successe con la sua nomina?
Non appena insediatasi, tra la Presidente della Fondazione, la Direzione e la Presidenza dell’Accademia sono iniziati i contrasti. A quel punto hanno deciso di sostituirla, adducendo la motivazione che la Anisimova era presidente anche di un’altra associazione, e quindi incompatibile con la carica di Presidente della Fondazione. Non essendo lei stessa e né il consiglio convinti di questa cosa, la maggioranza del CDA si schierò dalla parte della Anisimova e ci fu una contemporaneità di due presidenze e pezzi di consigli di amministrazione.

Tutto questo immagino abbia a che fare con le ispezioni che si sono succedute?
Assolutamente sì. La Anisimova ha cominciato a premere e sono arrivati interpellanze parlamentari ed il resto. La prefettura ha riconosciuto la legittimità della sua presidenza per cui adesso la Anisimova, in completo conflitto con l’Accademia, è presidente dell’Opera.

In mezzo a tutta questa commistione, quale via di uscita plausibile?
Innanzitutto, basta col confondere l’Opera con l’Accademia. Sono due cose distinte. L’Opera è la Fondazione che sta a latere dell’ Accademia, che è la scuola. Quest’ultima non è commissariata. Ribadisco: l’Opera sarebbe stato utile chiuderla nel momento in cui l’Accademia ha acquisito personalità giuridica. Ma, chiaramente, a quel punto, le gestioni fuori bilancio, la richiesta di prestiti senza copertura, l’assunzione di persone a cifre fuori mercato, non sarebbero state possibili.

Per chiudere: cosa pensa dovrebbe fare la Parilla?
Questo bisognerebbe chiederlo a lei in persona: se le è a cuore l’Accademia o se è in grado di fare giuste valutazioni. Penso che il Direttore dell’Accademia avrebbe fatto meglio, dopo essere stata nominata per chiara fama e in dispregio ad un’indicazione del collegio dei docenti, ad assumere atteggiamenti diversi rispetto a quelli che ha assunto fino ad adesso. Non è obiettiva con le persone, e agisce secondo il “io sono il potere e ti faccio un dispetto”.

sabato 23 luglio 2011

UN CABARET D’ADDIO REGALA UNA GARDENIA DI ATTORI VOTATI ALL’ETERNITÀ


di Federica Gualtieri

Les Ballets C de la B, di nuovo sul palco di Villa Adriana, per un'altra opera originale: Gardenia, uno spettacolo semplicemente stupefacente, come sempre si è rivelato lo stile di Platel.
Questa volta, la performance si ispira al film spagnolo Yo soy asì di Sonia Herman Dolz, che racconta l'ultima notte di shows di artisti travestiti e transessuali in un Cabaret di Barcellona. 
Sul palco nove sedie, tre microfoni, diverse parrucche, paillettes sbriluccicanti, un tavolo a mo' di camerino e tanta, tanta ironia malinconica tra i nove aging actor/actress. Ma, sopratutto, un'ineccepibile presenza scenica e molti volti più loquaci di una recitazione in prosa.
Molteplici i costumi, tanti i colori e i cambi del cross-dressing insieme ad un continuo crescere di trucchi: trucchi da make up, ma anche trucchi del mestiere. E pose, tante pose per i tanti scatti che ne immortalano le risa, i gesti e le malinconie intime. Ma, sopratutto, la voglia di esserci e di non cambiare. E' l'eternità, insomma, evocata fino all'ultimo, perché è ciò che vorrebbe essere ogni artista: intramontabile nonostante la finitezza dell'uomo ed immortale come la  musica (Forever Young per esempio, uno dei pezzi cantati).
Dunque, un addio malinconico all'esibizione, ma salutato su un palco di vita dove non ci sono vittime di pregiudizio, ma protagonisti en travesti di un caro Cabaret. Alain Platel con Frank Van Loacke stupisce, fa ridere e punta su ogni singolo attore nella sua personale ed unica espressività artistica.
Incredibile come, senza troppe parole, lo spettacolo abbia una sua trama anche solo in una semplice strizzata d'occhio al pubblico, o nello sbattimento delle coloratissime e sgargianti ciglia finte.
Gardenia è la fruttuosa collaborazione tra la transvestite actress Vanessa Van Durme, i registi Alain Platel e Frank Van Laecke, e il compositore Steven Prengels.



Gardenia
regia: Alain Platel, Frank Van Laeke
Da un'idea di Vanessa Van Durme
Distribuito da Frans Brood Productions
Creato ed intepretato da: Vanessa Van Durme, Griet Debacker, Timur Magomedgadzhiev, Hendrik Lebon, Andrea De Laet, Richard “Tootsie” Dierick, Danilo Povolo, Gerrit Becker, Dirk Van Vaerenbergh, Rudy Suwyns
Musica: Steven Prengels
7/8 Luglio 2011, ore 21. Villa Adriana - Tivoli

mercoledì 20 luglio 2011

LA TENACIA DEGLI UNDER 30



di Paola Monaco

Tornano più agguerriti che mai, al Roma Vintage, giovani volenterosi in cerca di visibilità… e di lavoro. La precarietà, infatti, rappresenta il leitmotiv della scaletta in programma nonché il deforme prodotto di un contesto sociale che, a causa di una politica accecata da una spudorata avidità, non offre alcuna prospettiva di crescita.
L’argomento puzza di stantio, d’accordo, ma il modo di trattarlo, alternando in rapida successione brevi monologhi di cinque minuti ciascuno, è decisamente originale.
Dietro a uno scarno leggio, posto al centro della scena, ogni attore recita la sua parte di individuo incazzato o passivamente schiacciato da una sorte beffarda. Infatti, come sostiene Claudio Castrogiovanni, né Destino né Futuro possono intervenire nella vita del singolo, oberandolo, anzi, di impegni che un tempo erano loro stessi a sbrigare.
Da Sabrina Paravicini che, con pepata parlantina, cerca inutilmente di auto-convincersi a visualizzare la meta, trovando però negli annunci solo una summa di aborti linguistici, a Jonis Bascir, laureato in ornitologia, che si svende fino all’indecenza per ottenere un posto nell’ambíto call center di recupero-crediti: tutti i ragazzi hanno la loro tragicomica storia da raccontare, coadiuvati da una variopinta molteplicità di atteggiamenti che, portati all’estremo, fanno davvero sorridere. C’è il soggetto rinunciatario, come il personaggio di Fabrizio Sabatucci, che decide consapevolmente di abbracciare la felice carriera da mendicante, rinunciando tout-court ai suoi sogni, ormai vago ricordo dei tempi delle elementari o chi, come Giulia Perelli, giocando con i doppi sensi, confessa al sacerdote di avere avuto solo rapporti occasionali…con il lavoro, s’intende! Difficile essere patriottici, in questo contesto. Tant’è che il garibaldino Riccardo Scarafoni, con un cappio al collo, si interroga sul senso del suo sacrificio.
Non mancano, tra le risate, polemiche sociali, più o meno esplicite, che arrivano a diventare penosi elenchi di tragiche statistiche, non solo circoscritte al nostro Paese. Donatella Pompadour, con il suo sketch Elenco-mania, contrappone dolorosamente i bambini-soldato ai nostri pingui e tele-dipendenti pargoli. Per non parlare del pungente riferimento al ministro della cultura che accorcia sempre più la coperta a scuola e sapere. Ma poi, questi fastidiosi ed ingombranti valori a cosa servirebbero, qualora si fosse già provvisti della rarissima dote di saper sculettare?
In questa società, in cui i conti non tornano più e 2+2=5, a detta di uno sperduto Luca Proietti, l’unica cosa da fare è augurarsi Sogni d’oro, buonanotte e rimandare tutti i problemi al giorno successivo. Forse esistono davvero problemi che non esistono.
Sono arguti e affilati, questi ragazzi. I giovani autori under 30 giocano intelligentemente con l’ironia. Più che scoraggiamento, essi ispirano speranza: quella di apportare una ventata di freschezza a una società in agonia, che ha tanto bisogno di tornare a respirare.
Teniamo in mente, però, che potrebbe volerci tutta la vita

UNDER30
Associazione Under e RomaVintage
AUTORI: VALENTINA GAMMA (Topi), MARIA VITTORIA SOLOMITA (Il lavoro, se lo visualizzi, lo
trovi), MARIA ANTONIA FAMA (Solo rapporti occasionali), MARCELLA PERA
(Pagine rosa), MANUEL MASCOLO (Sogni d'oro, buonanotte), MARIA
DOMENICA ALBA GRANATA (Quello che conta), LUCA PROIETTI (2+2=5?),
LORENZO AIT (Esistono problemi che non esistono - Professione Life
Coach), GIULIA GRANDINETTI (Buona la prima), GIULIA BERTINI (Lo
spettacolo deve continuare), GABRIELE GRANITO (Rosso come le rose),
GABRIELE CARBOTTI (Un appuntamento importante), DAVIDE DEPALO
(Potrebbe volerci tutta la vita), CORRADO TRIONE  (L’Italia chiamò),
CHIARA SPINI,  CHIARA GIACOBELLI (Elenco-mania), ANTONELLO COGGIATI
(L'Ornitologo), ANDREA BARBONI (La mia giornata Tipo).

ATTORI: Sabrina Paravicini, Claudio Castrogiovanni, Jonis Bascir, Donatella Pompadour, Riccardo Scarafoni, Fabrizio Sabatucci, Luca Proietti, Giulia Perelli. .

23 giugno e 14 luglio 2011, ore 21.00 - Parco San Sebastiano, Roma