giovedì 30 giugno 2011
E IL FUOCO SI SPENSE SUL MARE
di Paola Monaco
Nino e Jacques hanno qualcosa di insolito. Già alle prime
battute, pronunciate mentre sono poggiati con spalle al muro, in una posa
alquanto plastica, si percepisce un non so che di anomalo. E non è certo per il loro essere omosessuali. Un
attimo di smarrimento.
La voce. Sì, è la
voce: flautata e soave, controllata e tanto nitida da rendere chiara anche la
più ardita proposizione. La parola è aulica e forbita, ma le intonazioni
spericolate e la forma del linguaggio de-strutturata. Sembra che l’analitica
scomposizione del linguaggio nasconda dietro sé la ricerca di un senso più
profondo delle cose, lo stesso senso che ha inseguito anche Jacques.
Il messaggio
dell’autore è complesso; la storia non immediatamente fruibile e, in alcuni
passaggi, volutamente criptica. Di essa sono messaggeri i corpi che, per quanto
flessuosi, si muovono in schemi rigidi e limitati nello spazio, quasi a creare
un’ulteriore dissonanza con la poesia che tutto abbraccia, nello scenario di una
Capri lussureggiante, ammantata da un
profumo zuccherato di fichi e di tralci. La vendemmia, paragonata al
possesso del corpo dell’altro, è l’immagine emblematica di questa fusione
ambigua di voluttà umane e naturali. La vita di Jacques è, infatti, imbevuta di
passione, di adorazione folle per il suo giovane Nino, il suo sogno, un Dio
sceso dall’Olimpo, che si bea di contemplare dormiente. Dormi, perché con te dorme il dolore. L’anima di Jacques è in lotta
perenne con il proprio sé, con il tempo, con l’amore e noi ne percepiamo il
dissidio straziante. La sua vita non è solo vizio e dissipazione, come credono quei
fantocci di borghesi benpensanti, porci
affamati di scandalo. L’esistenza di Jacques è ricerca senza limiti del
bello e dell’amore, si trattasse anche di pescare nei torbidi meandri
dell’animo umano.
I fumi dell’oppio
offrono ai partecipanti l’opportunità di viaggiare su piani distinti, fondendo
la dimensione onirica con quella reale. I due livelli sono mescolati a tal punto
che il protagonista arriva ad assistere al proprio suicidio, mentre il pubblico
diventa spettatore dello spettatore, chiamato a intervenire intellettualmente. A
complicare la nostra percezione d’insieme, attraverso l’effetto straniante,
subentra la storia del Maharaja di Golconda e del
suo scandaloso amore, ma la sublime musica al pianoforte ci riporta con forza
alle nostre emozioni, in un territorio più familiare, sottolineando i momenti
più drammatici della biografia di Fersen. La melodia, l’unica in grado di dar
voce all’insondabile, spazia nella molteplicità dei sentimenti umani e diventa
struggente a seguito del confessato amore di Nino per una donna, che innescherà
in Jacques un processo di delirio-declino senza controllo. Quante lacrime bisognerà piangere per lavare via i baci di lei?
Nel paradiso
artificiale in cui il poeta si rifugia per lenire un dolore inenarrabile prende
vita, attraverso inquietanti visioni, ogni deformazione umana ed esistenziale possibile:
Padre Serafino, Suor Santa Chiara e altre figure mitologiche e ambigue portano
in sé un infinito bagaglio di simboli e significati, che interrogano
l’intelligenza dello spettatore, mai passivo di fronte a questo eccellente
lavoro di Jacopo Serafini.
Solo validi
interpreti come Jacopo Serafini, Tindaro
Granata e Cristina Carrisi,
attraverso le loro notevoli capacità
artistiche, avrebbero potuto realizzare un’operazione tanto complessa e
qualitativamente eccellente.
MUSIQUE POUR TOI SEUL
Autore: Jacques d'Adelswärd Fersen.
Drammaturgia: Jacopo Serafini
Regia: Jacopo Serafini
Personaggi e interpreti (in
ordine di apparizione): Jacques - Jacopo Serafini; Nino e Dio dell’Oppio -
Tindaro Granata; Sœur Sainte-Claire - Cristina Carrisi.
Pianista: Dario Macellari.
Musiche di Chopin, Granados, Mendelssohn, Saint-Saëns, Skrjabin.
In scena dal 20 al
23 giugno 2011 - Sala Margana, Roma
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