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lunedì 13 giugno 2011

WELLES/BATTISTON: I TRUCCHI PER UN BUON ROAST

di Cristina Carrisi

Il respiro affannoso. Con pingue indolenza avanza nel buio e nel fumo che aspira, in bocca un sigaro. Poi la voce spezza il silenzio, irriconoscibile, sapientemente modulata sui toni gravi, e lo spettatore è prontamente graffiato, zittito all’occorrenza con eleganza stizzosa: “Potete abbandonare la pratica del dialogo?!”, da un perfetto, e geniale nella sua semplicità, accento americano, cinico e sprezzante. Over there...

Orson Welles è lì con noi, materializzato dall’arte superba del pluripremiato Giuseppe Battiston, interprete eccezionale, che sul grande artista statunitense ha operato un lavoro tangibilmente certosino.

Nel testo, scritto dall’attore friulano a quattro mani col regista Michele De Vita Conti, Welles si racconta attraverso le sue passioni di uomo e di artista: la passione per la buona cucina e per il bere; per quella brava persona di nome Falstaff; lo slancio per Shakespeare, genio audace del teatro; per il piano sequenza che lo fa infervorare contro il buon Hitchcock; nonché la sua più o meno metaforica inclinazione alla prestidigitazione, la smania per i trucchi d’illusionismo… Battiston mette in modo ardito e gustoso in scena anche l’avvistamento dei marziani. Gli basta l’uso d’una torcia, qualche elemento scenico per dimostrare che: La gente crede a tutto!. Il riferimento è quello rimasto nell’immaginario collettivo, che vede Welles, in un cruciale 1938, annunciare in radio nel panico generale una finta invasione dei marziani…

Il filo conduttore dell’arte come volitiva bacchetta magica del prestigiatore è caro a questo roast-spettacolo, in cui l’intelligente regia interviene con essenzialità lineare. Come vuole tradizione elisabettiana, anche qui gli oggetti di scena si animano, o vengono animati, di volta in volta suggerendo e stando al posto di qualcos’altro: una melanzana infilzata assurge al ruolo di marziano e di microfono a un tempo.

E senza soluzione di continuità una sottile, dilatata ironia sottende al fare scaltro, presente, di Welles/Battiston. Con anglosassone arguzia canagliesca il personaggio scavalca la platea rivolgendo le sue invettive ora al pubblico, ora all’operatore audio/luci, ora a Hollywood, ora al mondo intero…

Tutta l’operazione si presenta pienamente genuina, succulenta, deliziosa.

Orson Welles’ Roast

scritto da Michele De Vita Conti e Giuseppe Battiston

regia Michele De Vita Conti

con Giuseppe Battiston

musiche originali Riccardo Sala 


aiuto regia Elia Dal Maso

in scena dal 28 maggio al 5 giugno 2011 - Teatro India, Roma

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