martedì 11 ottobre 2011
TERZO PIANO SENZA ASCENSORE
di Francesca
Zompetta
Protagonista al
centro della scena solo una cassapanca argentata, quella stessa che dà inizio
allo spettacolo partorendo i vestiti di scena, e che verso la fine verrà
passivamente scaraventata sul palco dall’iracondo padre di Giulietta,
provocando apprensione e un gran fragore.
Gli attori si
impongono nel piccolo spazio scenico creando un quadrato immaginario fatto di
rincorse smorzate, schiaffi non dati, parole vibranti non dette e di palchi che
rimbombano di passi vissuti, strusciati, sbattuti.
Queste sono le
prime azioni che percepiamo, fino a che i forti gesti non lasciano spazio alle
parole di un regista/frate Lorenzo che si sfoga proprio in mezzo a noi, stanco
dei colpi di testa di attori capricciosi ed irriverenti.
Eccolo, il labile
sovrapporsi di realtà e finzione, persona e personaggio.
Una Giulietta rock
dal trucco pesante, anfibi neri e piercing al naso ed un Romeo irrispettoso,
che esordisce con un “Noi siamo figli
delle stelle” in falsetto, si sdoppiano a tal punto che la loro schizofrenia non riesce a rimanere fuori
dal palco ma lì, latente, spunta fuori come strizzata da un vortice: due attori
che non si stimano professionalmente sono costretti a giurarsi amore eterno e
baciarsi appassionatamente sulle melodiche note di Ludovico Einaudi, lì, sopra
quella cassapanca silente spettatrice di tutte le vicende.
Ed ecco la balia
di Giulietta, attrice insoddisfatta che non ne può più di doversi dimostrare
tutta salamelecchi, tacita complicità, bonari rimproveri ed onesti consigli,
quando prova solo rancore verso una Giulietta, protagonista della parte che
avrebbe dovuto interpretare lei, regalandoci un intenso monologo liberatorio.
Il susseguirsi di
scene scandite da colonne sonore suggestive e dal sound dal rock dei Prodigy (Smack my bitch up), che apre le danze di una festa in maschera
quasi buttata sul ridicolo alle dolci melodie di Einaudi per la più famosa
scena shakespeariana del balcone – in questo caso al terzo piano senza
ascensore annessa di padre con la sciatica –, fa venire la pelle d’oca, a
tratti commuovere e ridacchiare sotto i baffi, regalandoci nel contempo un’arguta
rivisitazione del dramma shakespeariano, ma anche un’amara riflessione sulla
catartica sofferenza che provoca il teatro nell’attore che lo fa e nello spettatore
che vi si immedesima, creando il binomio realtà/illusione tipico della teoria
delle maschere pirandelliana.
Terzo piano senza ascensore
Testo di Olivia Papili, liberamente tratto da
Romeo e Giulietta di Shakespeare
Regia di e con Solimano Pantarollo
E con Riccardo Agostini, Debora d’Andrea, Luca Di
Cecilia, Alessandro Grilli e Olivia Papini
Sabato 1 ottobre 2011 ore 21:00,
Teatro dell’Orologio di Roma
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento