di Claudia Romito
Entrano in scena
con dei grossi paralumi in testa, i volti sono coperti. L’ingresso di ognuno si
inserisce in una partitura ritmica di passi che a tratti converge e diventa una
marcia. Una comunità anonima e insospettabilmente spietata è segno di quel cinismo collettivo che dà il titolo alla
prima scena. Della tua carne della
compagnia Motus è uno spettacolo
dedicato al giovane italo-americano Derek Rocco Barnabei condannato a morte in
un tribunale della Virginia e giustiziato nel 2000.
Uno spettacolo per
denunciare l’atrocità della pena di morte in cui la danza, attraverso i codici
che le appartengono, riesce ad argomentare con energia, dando vita ad un
trattato visivo agile e grave al tempo stesso. La compagnia senese, del resto,
ricerca da sempre un linguaggio gestuale che si adatti alla trattazione di
argomenti di impatto sociale.
Lo spettacolo è
diviso in brevi scene, ognuna delle quali, come tanti punti di un discorso,
propone una riflessione sui vari aspetti della pena capitale. Così la parola
torna concetto per farsi movimento.
La pena di morte è
un crimine efferato da compiersi nella maniera più pulita possibile. Sul palco
la Giustizia vestita a festa abbina alla benda che iconograficamente le copre gli
occhi, un bel paio di guanti. Al ritmo di danze di corte la giustizia balla
elegantemente tra camerieri e ricchi vassoi. Cieca non per imparzialità ma per
non vedere, per evitare di sporcarsi, di riconoscersi colpevole, divora il cibo
dal vassoio come un animale, ma non si sporca le mani.
Una giustizia
dolente che al suono di Caro mio ben
taglia disperatamente una mela con la straziata ma ferma consapevolezza che
senza di lei languisce il cor.
Sul palco sono
disegnati dei quadrati, delle celle senza muri, al cui interno si danza la
sofferenza, la prigionia, la tortura. Dalla tragedia dei Desaparecidos alla
vergogna moderna di Abu Ghraib lo spettacolo propone una riflessione e tocca
corde emotive, ricorrendo anche ad una sottile e ben calibrata sdrammatizzazione
che rende ancora più forte e feroce il messaggio. Maria Antonietta è un
burattino che perde la testa e balla in maniera buffa mentre corpi senza testa
freschi di ghigliottina si muovono goffamente nello spazio. Secondini
dinoccolati torturano in maniera stilizzata, in tanti fermo immagine che,
lontani dalla crudezza delle foto dei detenuti iracheni torturati e umiliati ad
Abu Ghraib, rimandano direttamente a queste con tutto il portato
raccapricciante che ne segue.
La pena di morte
non è un buon deterrente, come sosteneva già nel ‘700 Cesare Beccaria e non
prevede alcuna possibilità di riabilitazione del condannato. Porta in sé un
errore, un deficit di umanità,
l’arrendersi del diritto ad una soluzione che prendendo spunto dal delitto che
vuole punire ne compie uno più atroce.
Lo stato bambino
stizzito si vendica, impotente, proclamando con arrendevolezza che quando tutto sarà compiuto, non potendo
piegare la tua mente, avrò fatto scempio della tua carne.
Lo spettacolo è prodotto in collaborazione con la Fondazione Derek Rocco Barnabei con il contributo di Regione
Toscana e Comune di Siena.
Della tua carne
Coreografie Simona
Cieri
Soggetto e Sceneggiatura Rosanna Cieri
Musiche Autori vari
Costumi Compagnia MOTUS
Danzatori Veronica Abate, Martina
Agricoli, Maurizio Cannalire, Simona Gori, Federica Morettini, Riccardo Pardini
e con Simona Cieri
Regia Rosanna e Simona Cieri
1 e 2 ottobre
2011, sabato h 21,00 domenica h 18,00 – Teatro Vascello, Roma
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