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venerdì 2 settembre 2011

O QUEL CHE VOLETE


di Paola Monaco

«Niente di quel che è, è». La dodicesima notte (dal Natale) dovrebbe corrispondere alla festa dell’Epifania ed πιφάινω, in greco, vuol dire appunto apparenza, manifestazione. Tutto, nella commedia di Shakespeare, sembra ruotare attorno alla dicotomia essere/non essere (dubbio amletico più che mai calzante, in questo contesto). Giochi di travestimenti, equivoci di plautina memoria, sottili inganni e scambi di identità sono imbastiti con tale sagacia, in questa performance, regia di Riccardo Cavallo, da poter essere inquadrati, senza esitazione, nella cornice del metateatro. La stessa Viola, liaison strutturale tra corte e popolo, tra dramma e comicità, ribadisce con fermezza: «Non son quel che paio», mentre veste i panni di Cesario. Non a caso, Quel che volete è il prosieguo del titolo ufficiale, quasi per dire: Credete a ciò che più vi piace. Si creda allora nell’illusione, ingannevole prerogativa degli innamorati.
D’amore si parla sin dal principio della rappresentazione. Esso, catapultato sulla scena da una violenta tempesta, nella forma di due sconosciuti amanti avvinghiati sulla spiaggia, parla per loro bocca, presentando i fatti a mo’ di prologo.
Shakespeare sa che l’uomo vive come un viaggiatore avventuroso, naufrago nella notte turbolenta – come i gemelli Viola e Sebastian – nel tentativo improbo di ghermire ciò che la ragione non sa afferrare: l’amore. Esso separa e avvicina, confonde e chiarisce, fa ridere e disperare. Vele spiegate e tuoni roboanti, in apertura di scena, resi realistici dalla scenografia accurata di Oreste Baldini, sono la rappresentazione stessa di questo tormentato sentimento, che rende l’uomo ostinato e lo consuma con pene e illusioni. Sul palco, l’eterno gioco di mancate corrispondenze: Orsino ama Olivia, che è attratta dal finto eunuco, a sua volta, in pena per il duca. Malvolio e Sir Andrea nutrono infondate speranze per la contessa. Nell’opera si dibatte di questo impulso in tutte le modalità, dalle ciarle leggere tra signore al discorso rabbioso del duca Orsino (Ucciso io fui dall’amore crudele), dalle poesie dei cortigiani alle meditazioni di Viola.
L’Illiria, dove è ambientata la commedia, è un luogo immaginario, simbolo di qualsivoglia angolo della terra dove, da secoli, l’amore fugge irrequieto. Gli stessi costumi, realizzati da Susanna Proietti, in stile arabeggiante, sono più un richiamo a una favola mediorientale che a un’area geografica precisa.
Nella saggia riflessione esistenziale, si inseriscono momenti di genuino e memorabile spasso. Sir Tobia e Sir Andrea, ubriaconi scanzonati e stravaganti, regalano al pubblico attimi di spensierata allegria. Esilarante la scena di Malvolio che, beffeggiato dalla serva Maria, si presenta alla sua signora in calze gialle e giarrettiere incrociate, accompagnato da un sorriso ebete che lo renderà vittima ideale della trappola. Tra un bicchiere e l’altro, pernacchie, danze, sghignazzi, giochi di parole e riflessioni sul linguaggio (chi sa giocare bene con le parole le sa anche corrompere) i popolani offrono, seppur con far ridicolo, momenti di lucidità e assennatezza, degne del più colto tra i sapienti. Tali doti sono ancor più evidenti nel giullare Feste, il matto di corte, che sciorina, nel nonsenso generale, quelle famose perle inadatte ai porci e s’inerpica in ragionamenti complicati da fare invidia a un sofista. La follia è talmente ambigua che, come sostiene Olivia, son pazza quanto lui, se pazzia triste e pazzia allegra sono la stessa cosa. Feste è la follia cui Shakespeare dà sempre un ruolo da protagonista. E poiché follia è verità, meglio un pazzo di spirito che uno spirito da strapazzo!
Il destino, a conclusione della giostra, è il risolutore di ogni complicanza: tutte le coppie si dispongono al posto giusto, come al termine di una partita di scacchi, e i gemelli si riabbracciano, canzonando la stessa morte che sembrava aver prevalso.
Pare proprio un lieto fine, o quel che volete.

LA DODICESIMA NOTTE
Regia di Riccardo Cavallo
Traduzione e adattamento Riccardo Cavallo

Silvano Toti Globe Theatre – Roma, dal 18 al 28 agosto 2011

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