L’INDECIFRABILE CASO
BEBAWI
di Paola Monaco
Cosa successe, quel fatale lunedì 18 gennaio 1963, negli uffici
romani della Tricotex? Il regista Luigi Di Majo cerca di rappresentarlo
in forma di spettacolo-istruttoria, ne Il
delitto dei coniugi Bebawi. La performance si ispira a un noto fatto di
cronaca che, ancora oggi, rimane annoverato tra i più inquietanti casi
irrisolti degli ultimi decenni.
La scena è ridotta all’essenziale: pochi banchi, qualche sedia e
un leggio. Nulla deve distogliere l’attenzione dalla ricostruzione di questo rompicapo.
Schierati come un plotone d’esecuzione, giudici e avvocati sono regolarmente
allineati di fronte al pubblico, in un confronto aperto, quasi una richiesta
d’aiuto, nell’ennesimo tentativo di scovare la verità tra le pieghe di una
storia oscura, ricostruita pedissequamente in circa 142 udienze, senza che se
ne cavasse un ragno dal buco.
Claire Ghobrial, donna avvenente e dalla forte personalità, e il
marito Youssef Bebawi, apparentemente più contenuto, ma non per questo meno
diabolico, sono seduti agli antipodi del palcoscenico, ognuno a raccontare la
propria versione dei fatti. Lo spettatore segue il rimpallo di accuse
reciproche come in una partita di tennis, ricostruendo nella propria mente, a
ogni nuova battuta, l’evolversi della
vicenda, culminata nella morte cruenta di Farouk Chourbagi, amante di Claire,
trovato a terra crivellato di colpi e con il volto sfigurato dal vetriolo.
La voce narrante, posta in un angolo della scena, tenta di
aiutare il pubblico a trovare il bandolo della matassa, ma invano. Tutta
l’azione porta solo a chiarimenti parziali di fatti limitati nel tempo,
inseriti in un contesto misterioso in cui la ragione dello spettatore, come
anche quella dei giudici, brancola nel buio più totale. Questi ultimi, in
particolare, risultano volontariamente goffi e impacciati, consapevoli di aver
di fronte menti dall’ingegno affilato.
Così, mentre i magistrati annaspano tra i documenti e sono quasi
timorosi nella formulazione di domande e ipotesi, i coniugi difendono con
destrezza e passione il loro punto di vista. Lei è determinata, aggressiva,
sicura di sé. Anche gelosa e istintiva, come una fiera. Ben vestita e curata
nell’aspetto in ogni minimo dettaglio, lascia pensare a una signora
intraprendente, che ama il rischio e la bella vita. E’ lei che tende a catalizzare le antipatie e i sospetti dei
presenti, perché è lei che esce fuori
dai ranghi sociali di donna sottomessa e remissiva. E cosa dire dell’ambiguo
marito che, pur ripudiando la moglie secondo la legge coranica, continua a vivere
con lei e i suoi tre figli? Perché l’inaspettato e improvviso viaggio insieme,
immediatamente dopo il delitto? Chi dei due stava fuggendo davvero?
Il primo verdetto di assoluzione per insufficienza di prove,
dopo 30 ore di camera di consiglio, non è affatto liberatorio per il pubblico.
Condannati in Appello e successivamente in Cassazione, i due sfuggono comunque
alla sentenza. Il regista ricrea un clima di suspense, di sospensione di giudizio, che continuerà a provocare
l’intelligenza dello spettatore anche dopo la rappresentazione. La domanda è
quella universale: dov’è la verità?
IL DELITTO DEI CONIUGI BEBAWI
Tratto da Coppie Assassine di
Cinzia Tani
con
Giuseppe Chiaravalloti, Mafalda Guarente, Antonio Buttazzo, Beatrice Palme,
Filippo Chiricozzi, Luigi Di Majo, Ferdinando Abbate, Marina Binda, Cinzia
Tani, Chiarenza Millemaggi, Maria Teresa Condoluci, Corrado Sabellico, Lucilla
Tamburrino, Sabellico, Lucilla
Tamburrino; coordinamento generale Lucilla Tamburrino.
Regia Luigi Di Majo
26 luglio 2011 – Rassegna I Solisti del Teatro
Giardini della Filarmonica Romana - Roma
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