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mercoledì 2 dicembre 2009

SCHMITT AL TEATRO DELLA DODICESIMA

corrierediroma.it

Flavio Albanese mette in scena il controverso testo di Éric-Emmanuel Schmitt “Piccoli crimini coniugali”.

ROMA - Quando si perde la memoria i volti si confondono, le tue mani non sono più le tue, il tuo sguardo e il suo si perdono in una innaturale consuetudine. Incredibile come la tua poltrona, il tuo salotto, la tua casa, tua moglie, non sembrino più tali. Sconosciuto in mezzo a sconosciuti. Questa la condizione di Gilles, protagonista del testo del drammaturgo e scrittore francese Éric-Emmanuel Schmitt Piccoli crimini coniugali che Flavio Albanese, direttore artistico del “Teatro della Dodicesima” e del “Festival delle Crete Senesi”, ha sapientemente reso attraverso una regia originale e consapevole. I due personaggi, Gilles (per l’appunto) e la moglie Lisa, sono protagonisti di un equivoco. A causa di un’amnesia da trauma contratta dal primo, i due si trovano costretti ad affrontare una reale ricostruzione della propria identità coniugale. Ciò che dell’aggettivo familiare fa scopo d’esistenza, si perde ora nella formalità di un greating. La tentazione di plasmare l’altro in una copia migliore è irresistibile. Il gioco prosegue senza troppi intoppi, la condizione di sconoscenza che la coppia percepisce dentro di se è in realtà resa scenicamente dalla presenza di molteplici coppie, che si alternano passandosi il testimone della battuta. Qualcosa però non torna. Una sensazione malata, una spinta analitica diabolica e sopraffina. Il tentennare della domanda: ma la memoria si era mai perduta? Quando i ricordi si riformano come tasselli ordinatamente sovrapposti, e la consapevolezza riporta all’onerosità della scelta, è meglio gioire di aver riacquistato le proprie facoltà mnemoniche, oppure fingere di permanere nell’amnesia? Si può addirittura fingere di essere colpiti da amnesia, si può talvolta preferire un tale stato di amnesia alla realtà dei ricordi. Trincerarsi in una così ambigua condizione, può fornire una prospettiva senza pari, dalla quale osservare il giuoco relazionale di un nucleo familiare. Come in un giallo, in una commedia nera, l’intreccio è carico di dubbi e analisi profonde, di critiche e di illusioni. Grande importanza gioca l’età ed il vissuto dello spettatore, che potrà, a diversi livelli, identificarsi con i protagonisti e servirsi di essi per avviare una riflessione interiore, individuale e di coppia. Un libro da leggere, uno spettacolo da vedere, da soli, o in due.

Abbiamo incontrato e intervistato il regista Flavio Albanese. Alleghiamo il materiale raccolto:

- Come e perché hai scelto di avvicinarti al testo di Schmitt?

Uccidere la propria moglie o il proprio marito è un tema che ha due facce, quella comica e quella drammatica. La visione di Schmitt mi piace perché è una commedia - drammatica, proprio come la vita. L'omicidio ha anche una declinazione metaforica oltre che realistica. Quanti mariti e quante mogli vorrebbero uccidere "metaforicamente" il partner? Le separazioni e i divorzi hanno avuto un forte incremento negli ultimi anni, ma Schmitt ci suggerisce che la crisi è un ostacolo che rivela anche un’opportunità.

- Ci puoi parlare dell’uso che hai fatto di coppie molteplici per la rappresentazione dei due protagonisti?

Il testo è scritto per una coppia in crisi dopo 15 anni di matrimonio, e la mia proposta registica è quella di far recitare la commedia a 7 coppie diverse per evidenziare che nonostante i differenti punti di vista, le diverse "inquadrature", le differenti esperienze, il conflitto è sempre lo stesso: l'universo maschile e quello femminile hanno il destino di cercare di comprendersi. Anche la scelta di dividere il pubblico e posizionare uomini e donne di fronte, ha un senso: separarsi per guardarsi meglio...se si è troppo vicini non ci si osserva più.

- Flavio tu ti definisci un amante della commedia dell’arte. Affrontando il testo (che è tutt’altro che un canovaccio) “Piccoli crimini coniugali”, ti è capitato di sentirti stretto in un copione troppo definito?

La Commedia dell'Arte non è l'arte di improvvisare, ma di recitare. La commedia è prima di tutto matematica, geometria, calcolo, "Piccoli crimini" è una commedia. Detto questo nel nostro lavoro tutto è calcolato, ma gli attori sono liberi di fare ciò che vogliono. Non lasciamo al caso nulla. Il caso non esiste.

- Il tuo ruolo di direttore artistico del teatro della dodicesima ti pone in stretto contatto con la crisi culturale che oggi, in Italia come da altre parti del mondo, rende molto difficile l’attività artistica in generale. Come fai fronte a questo problema?

Un teatro è una responsabilità intellettuale e umana, mi baso su questi principi:..."Le scienze e le arti che muovono per piacere gli animi umani alla verità sono più utili delle leggi che forzano senza persuadere"

- Dall’alto della tua esperienza, cosa ti sentiresti di dire ad un/a giovane ragazzo/a che si approccia alla regia in questo momento?

La figura del regista nasce nel 900, prima esisteva il capocomico che era l'attore\direttore della compagnia....il regista deve prima essere un attore, fai l'attore almeno per 10 anni e poi forse avrai la competenza per iniziare a fare il regista...

- Quando potremo rivedere lo spettacolo in scena?

Lo replichiamo a grande richiesta Giovedì 25 alle 21.00 al Teatro della Dodicesima di Roma. E' già quasi tutto esaurito quindi conviene prenotare o via mail o per telefono:

info@teatrodelladodicesima.it www.teatrodelladodicesima.it tel: 0693933470 (dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00)

“Piccoli crimini coniugali”

Regia: Flavio Albanese

Ass. alla Regia: Cinzia Romoli

Luci: Flavio Albanese, Josef Gallo

Costumi: Debora Pino

Tecnico TTFF: Giacomo Cursi

Gianpaolo Marcucci

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