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mercoledì 2 dicembre 2009

AL VALLE ARRIVA DEWEY DELL: INTERVISTA ALL’AUTRICE

correrierediroma.it

La compagnia diretta dalla figlia d’arte Teodora Castellucci, porta al teatro Valle il suo nuovo spettacolo “Kin Keen King”

All’interno della rassegna promossa dall’ETI “teatri del tempo presente”, è andata in scena al teatro Valle, domenica 24 maggio, la seconda produzione del gruppo Dewey Dell: “Kin Keen King”. Diretta da Teodora Castellucci, la giovane compagnia, già resa nota per lo stupefacente lavoro di ricerca coreografica tra i lontani ma strettissimi concetti di umano e bestiale proposti nel primo spettacolo: “Á elle vide”, oggi propone un misterico viaggio tra le nobili colonne dell’era dei re. Un piccolo principe deforme occupa timido la scena con movimenti opachi, l’atmosfera è algida e oscura. La figura, nella sua mostruosità resta solenne mentre un evento rivela il peso dell’identità. La testa. Un enorme escrescenza che tramuta il principe in un essere atipicamente surreale. Una divinità, incantesimo svelato. La testa è la cerimonia dell’atto della meraviglia. Talvolta la si sovrasta, talvolta se ne è sopraffatti; il suo peso grava sulla capacità di immaginare. Chi sa quali sogni possa generare una tale volumetria? Il pensiero rabbrividisce. Arriva così il momento della partenza, il principe ormai re, deve lasciare le sue colonne. L’assenza, tuttavia, è un momento contaminabile, ed ecco che a sondare il regno vuoto, arrivano due scintille animalesche, fuochi fatui, che a vederli muovere, sembra di leggere le descrizioni della iconica “Favola” di Goethe. Esistono, non lo si nega, ma sono solo un sussurro, una risata, che accompagna l’occhio nel gioco della reiterazione.

Abbiamo incontrato l’autrice Teodora Castellucci. Di seguito l’intervista:

-Nella coreografia è indubbio che un elemento preponderante sia l’enorme testa del principe. Che significato ha questa e in che rapporto viene posta col suo peso?

Non ho mai pensato al vero significato della testa enorme del principe. E' una figura che è nata da un pensiero molto preciso; sapevo che era un re e che era fatto così. La sua grandezza in qualche modo è come se riassumesse in sé, nella sua forma, tutta l'importanza del capo incoronato di ogni re dell'immaginazione. La sua corona è sé stesso, nel suo disegno. Allo stesso tempo il cervello stesso, dentro quella specie di corazza da insetto, è inimmaginabile considerando la spropositata mole che dovrebbe avere. Un essere con un cervello di quelle dimensioni. E' tremendo solo il pensarci, adesso. Perché ha un potenziale immenso, incredibile, un potenziale in sintonia con quello di ogni re, sovrano della terra. Nella storia generale dell'uomo e nei racconti fantastici, questo elemento di tensione e di attesa e di paura è ciò che fonda ogni sovrano, che in un certo senso lo rende tale e senza il quale ogni re perderebbe tutta la sua aurea. Il peso della testa si è rivelato essere il dato fondamentale, la caratteristica che per certi versi "creava" la "gravità" fisica del personaggio. Quando è nata questa figura, per forza di cose abbiamo dovuto capirne la "biomeccanica", vale a dire studiare come muoverla, in che modo, quali movimenti gli erano permessi, quali avrebbero compromesso la

credibilità del reale. Senza la finzione da parte del danzatore (Eugenio Resta) del peso stesso che una testa così deve assolutamente avere sulla fisicità intera di tutto il personaggio, la figura del principe non avrebbe retto neppure un istante

-Perché Kin Keen King?

KIN KEEN KING è come tin tin tin, è un titolo sonoro, gravido della parola chiave attorno alla quale tutto il lavoro verte: king.

-A cosa rimandano le figure che seguono la dipartita del principe?

Il principe esce dalla sua corte e altre figure iniziano a popolare la stanza, forse approfittano dell'assenza del sovrano? popolano la scena, ne segnano i confini come degli animali che marcano il territorio; cosa vogliono fare? dove vogliono arrivare? sono figure folli, macchie di inchiostro in una stanza neoclassica, istrici umani che camminano, aprono la bocca..

Sono figure che nella storia appaiono come reali o invece sono solo presenze, fantasmi della corte che si sono svegliati; e se sono eteree e nate da un luogo così preciso, importante, perché allora hanno quella forma?

-E’ possibile notare una nota di malinconia nella figura del principe?

Il principe è profondamente malinconico.

Di una malinconia abissale, viscerale.

Un sentimento molto simile alla tristezza, che spesso si ripresenta dopo una visione "nostalgica" di qualcosa. Ogni re, sin da piccola, me lo sono sempre immaginato così. Dove quella visione nostalgica che provoca la malinconia sta al posto dell'impossibilità di poter nascere di nuovo e di decidere chi voler essere.

-La musica è un aspetto molto interessante del pezzo, me ne vuoi parlare?

Risponde Demetrio Castellucci

C'è una grande differenza tra le musiche dei nostri due spettacoli, così come appaiono chiari i cambiamenti visivi, sulla scena, il sonoro risponde a questa diversità. Per creare le musiche di Kin Keen King, l'ispirazione principale è stata quella di poter dare un respiro, una voce al luogo, alla stanza neoclassica dentro alla quale avviene tutto. La hall, la camera è intesa infatti come un quinto personaggio. Proprio come un essere che agisce e respira e vive attraverso i suoi suoni, i suoi versi, il suo respiro. In entrambi i nostri spettacoli c’è un discorso di estensione musicale rispetto all’oggetto scenico. Se in "à elle vide" la partitura musicale era una specie di doppio costume o ombra del costume e il brano sonoro, quando Teodora compiva un gesto, svolazzava con il costume; in Kin Keen King il discorso è più complesso. E' sempre una questione di estensione, ma è diverso, perché qui non è limitata alla figura, ma è proprio come se fosse qualcosa che accogliesse la figura stessa. Sin da subito l’ho pensata come l’aria di quello spazio, la polvere, il pulviscolo di quella scena.

-Teodora puoi dirci da dove nasce il vostro lavoro?

Non abbiamo mai deciso di diventare componenti di un gruppo, semplicemente ci siamo trovati ad esserlo in modo molto profondo e improvviso. Lavoriamo insieme. Ogni cosa viene decisa insieme. Abbiamo un modo di lavorare che ancora facciamo fatica a "conoscere" proprio perché appunto siamo solo al secondo lavoro e non abbiamo nessuna tecnica o abitudine ancora. Non ci sono confini precisi di ruoli e questo è fondamentale. Porta una libertà generale accomodante e serena, da qui nascono le idee. Da questa specie di nido iniziamo a covare e ad aspettare. Di solito partiamo sempre da un' idea, che deve essere molto precisa, tagliente in questo senso. Da qui si snocciola tutto, come un ingranaggio che aziona tutto il resto.

-In un certo qual modo, volete far passare qualche messaggio?

No, non ho mai sopportato questa idea da "missione". Non c'è nessun messaggio. Ce ne sono mille. Milioni. Dipende da cosa vuoi, come guardi, cosa pensi. Tutto è possibile.

-Se dovessi descrivere in poche parole la tua coreografia come la definiresti?

E' una domanda difficile. Non sono mai del tutto cosciente veramente di come potrebbe apparire. Quando la creo mi servo delle ombre, non ho specchi che riproducono l'immagine esatta, tagliente, ma ombre su un muro che mi indicano e fanno capire più o meno sfocatamente dove mi trovo, cosa faccio, se un gesto funziona o meno. Per descrivere la mia coreografia in Kin Keen King userei queste parole, ma ovviamente potrebbero cambiare tra cinque secondi.. soffio, Africa, vento, cespuglio, odalisca, Persia

“KIN KEEN KING”

Con: Eugenio Resta, Teodora Castellucci, Agata Castellucci

Ideazione, coreografia, costumi: Teodora Castellucci

Musiche originali, luci: Demetrio Castellucci

Scenografia, cura del progetto, assistenza alla produzione, luci: Eugenio Resta

Per info sulla compagnia:

http://www.myspace.com/gruppodeweydell

Per info sulla rassegna:

http://www.teatrovalle.it/pages/details.asp?stagione=2008-2009&pagina=eventi&idRecord=311

Gianpaolo Marcucci

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