[GM] Il festival è sotto l'egida del WDA/ITI-UNESCO. Quanto ti ha aiutato la tua esperienza all'interno di tale organizzazione nella difficile impresa di donare respiro internazionale alla manifestazione?
[AJ] Non sono sicura che oggi, una qualsiasi organizzazione o associazione mondiale giochi un ruolo importante nell’ambito della diffusione, dal momento in cui siamo ormai in grado di entrare autonomamente in contatto con persone sparse in tutto il mondo, comunicando via e-mail o facebook e possiamo presentare il nostro lavoro artistico tramite piattaforme gratuite come youtube. Viviamo in una nuova era della comunicazione dove gli intermediari contano sempre meno! Di sicuro però ci sono benefici importanti che tale organizzazione è in grado di portare a realtà come la nostra. Ad esempio la possibilità di creare friendship e scambi di informazioni e idee a livello globale e, ancor più importante laddove si hanno obiettivi comuni a livello internazionale, la capacità che essa riesce a dare ai suoi membri di interfacciarsi con le differenti istituzioni di importanza mondiale. Tuttavia c’è da dire che tale target non è ancora stato raggiunto, mancano ancora in tale ambito dei buoni rappresentanti che possano far sentire la nostra voce al mondo, nei posti al momento giusto.
[GM] La ricerca produce spunti sempre più interessanti all'interno del "modus coreografandi", contemporaneo. Quanto conta per voi la sperimentazione nella produzione artistica?
[AJ] Certo, investe molto nei giovani. Noi abbiamo tariffe speciali e moltissimi “benefits” per tutti gli studenti che affrontano discipline artistiche (arte visiva e performativa, architettura, etc.). Durante il Festival organizziamo master, corsi e workshops, con i più grandi danzatori e coreografi, rivolti agli studenti di danza e ai giovani danzatori locali, tavoli di discussione, proiezione di film e documentari, esibizioni e mostre di foto che hanno la danza come protagonista. L’edizione passata del Festival ha ospitato il primo di una lunga serie di eventi che hanno portato al raggiungimento di incredibili risultati riguardo a numero di partecipanti e di differenti attività svolte in parallelo. Abbiamo avuto anche meravigliosi laboratori organizzati da compagnie del livello di Random Dance e Goteborg Ballet come allo stesso modo abbiamo ospitato corsi di insegnanti dell’Accademia Teatro alla Scala di Milano e del Conservatorio per la danza di Parigi.
[GM] In Serbia, la danza e il teatro sono adeguatamente supportati dalla politica?
[AJ] In Serbia la maggior parte delle “istituzioni culturali” come teatri, compagnie stabili e grandi manifestazioni, sono regolarmente supportate dallo stato e dai comuni, in quanto tali istituzioni sono da questi stabilite e regolate. Stiamo parlando del complesso sistema dei finanziamenti pubblici alla cultura, all’interno del quale ci sono moltissime lobby che producono programmi poveri e scarsamente validi che costano però cifre incredibili. Queste “istituzioni culturali” sono guidate (sempre) da esponenti politici e questo gli garantisce totale tranquillità e autonomia o per esempio il privilegio di non doversi preoccupare se venderanno o non venderanno biglietti al botteghino. Dall’altro lato, ci sono però nuove organizzazioni, che propongono programmi eccellenti, hanno piccolissimi teams che lavorano alla realizzazione degli eventi e che lottano perennemente per avere un piccolo supporto. Tali realtà, come la nostra, possono contare soprattutto sull’aiuto delle ambasciate e dei centri di cultura stranieri e sugli sponsor privati, che cominciano oggi ad accorgersi dell’importanza e del valore della danza come forma d’arte.
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