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venerdì 29 aprile 2011

INTERVISTA AD AJA JUNG


di Gianpaolo Marcucci



Con l’ultima edizione del Belgrade Dance festival, la ex-danzatrice e coreografa Aja Jung, fondatrice ed organizzatrice della manifestazione, si è imposta senza dubbio all’interno della stretta cerchia delle principali figure nel campo della produzione artistico-coreutica a livello mondiale. Teatri di Cartapesta ha avuto il piacere di incontrarla.






Alleghiamo intervista svolta:



[Gianpaolo Marcucci] Siamo giunti all'ottava edizione del Belgrade Dance Festival, come ideatrice e organizzatrice di tale evento sin dalla prima edizione, ritieni di aver raggiunto buoni risultati nella diffusione della cultura della danza a livello nazionale?


[Aja Jung] Quando abbiamo dato vita al Festival, a Belgrado, come in tutta la Serbia, non esisteva un pubblico legato alla danza, specialmente per ciò che concerne la danza contemporanea e allo stesso modo non c’era alcuna copertura mediatica, ne tantomeno era usanza da parte delle istituzioni e delle aziende locali investire in tale forma artistica.
L’ultima edizione del BDF ha contato 14 performances presentate, 127 giornalisti accreditati provenienti da tutto il mondo, numerosi sponsor, un’ottima copertura mediatica ed un totale di 14.500 persone tra il pubblico pagante.
Noi siamo oggi molto più che orgogliosi di questo risultato, dal momento che raggiungerlo non è stato per nulla un facile percorso. Questo Festival ha portato ad una vera e propria rivoluzione all’interno della comunità coreutica nazionale e (cosa altrettanto importante) ha finalmente smosso il vecchio concetto di danza a cui erano legati i più importanti festival già esistenti in Serbia.



[GM] Il festival è sotto l'egida del WDA/ITI-UNESCO. Quanto ti ha aiutato la tua esperienza all'interno di tale organizzazione nella difficile impresa di donare respiro internazionale alla manifestazione?


[AJ] Non sono sicura che oggi, una qualsiasi organizzazione o associazione mondiale giochi un ruolo importante nell’ambito della diffusione, dal momento in cui siamo ormai in grado di entrare autonomamente in contatto con persone sparse in tutto il mondo, comunicando via e-mail o facebook e possiamo presentare il nostro lavoro artistico tramite piattaforme gratuite come youtube. Viviamo in una nuova era della comunicazione dove gli intermediari contano sempre meno! Di sicuro però ci sono benefici importanti che tale organizzazione è in grado di portare a realtà come la nostra. Ad esempio la possibilità di creare friendship e scambi di informazioni e idee a livello globale e, ancor più importante laddove si hanno obiettivi comuni a livello internazionale, la capacità che essa riesce a dare ai suoi membri di interfacciarsi con le differenti istituzioni di importanza mondiale. Tuttavia c’è da dire che tale target non è ancora stato raggiunto, mancano ancora in tale ambito dei buoni rappresentanti che possano far sentire la nostra voce al mondo, nei posti al momento giusto.



[GM] La ricerca produce spunti sempre più interessanti all'interno del "modus coreografandi",  contemporaneo. Quanto conta per voi la sperimentazione nella produzione artistica?


[AJ] La sperimentazione è sempre importante, ovunque! Belgrado tuttavia non è ancora nella posizione di trasformare un lavoro sperimentale in un successo mondiale, ne un coreografo sconosciuto in una star.  Noi abbiamo ospitato nelle programmazioni del festival compagnie molto giovani e coreografi che sono ancora nuovi all’interno del mercato della danza ma nonostante questo, le loro produzioni erano comunque già conosciute e loro stessi erano già stati più volte protagonisti delle pagine della critica internazionale di settore.



[GM] BDF investe nei giovani artisti?


[AJ] Certo, investe molto nei giovani. Noi abbiamo tariffe speciali e moltissimi “benefits” per tutti gli studenti che affrontano discipline artistiche (arte visiva e performativa, architettura, etc.). Durante il Festival organizziamo master, corsi e workshops, con i più grandi danzatori e coreografi, rivolti agli studenti di danza e ai giovani danzatori locali, tavoli di discussione, proiezione di film e documentari, esibizioni e mostre di foto che hanno la danza come protagonista. L’edizione passata del Festival ha ospitato il primo di una lunga serie di eventi che hanno portato al raggiungimento di incredibili risultati riguardo a numero di partecipanti e di differenti attività svolte in parallelo. Abbiamo avuto anche meravigliosi laboratori organizzati da compagnie del livello di Random Dance e Goteborg Ballet come allo stesso modo abbiamo ospitato corsi di insegnanti dell’Accademia Teatro alla Scala di Milano e del Conservatorio per la danza di Parigi.



[GM] In Serbia, la danza e il teatro sono adeguatamente supportati dalla politica?


[AJ] In Serbia la maggior parte delle “istituzioni culturali” come teatri, compagnie stabili e grandi manifestazioni, sono regolarmente supportate dallo stato e dai comuni, in quanto tali istituzioni sono da questi stabilite e regolate. Stiamo parlando del complesso sistema dei finanziamenti pubblici alla cultura, all’interno del quale ci sono moltissime lobby che producono programmi poveri e scarsamente validi che costano però cifre incredibili. Queste “istituzioni culturali” sono guidate (sempre) da esponenti politici e questo gli garantisce totale tranquillità e autonomia o per esempio il privilegio di non doversi preoccupare se venderanno o non venderanno biglietti al botteghino. Dall’altro lato, ci sono però nuove organizzazioni, che propongono programmi eccellenti, hanno piccolissimi teams che lavorano alla realizzazione degli eventi e che lottano perennemente per avere un piccolo supporto. Tali realtà, come la nostra, possono contare soprattutto sull’aiuto delle ambasciate e dei centri di cultura stranieri e sugli sponsor privati, che cominciano oggi ad accorgersi dell’importanza e del valore della danza come forma d’arte.

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