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lunedì 18 aprile 2011

La trilogia degli occhiali, parte terza


Ballarini

di Irene Corradino

Un' atmosfera di sacro romanticismo pervade la sala, luci calde quasi di colore porpora sembrano stelle che attendono un’emozione. Un uomo e una donna. Lui magro, ossuto, gracile, di un implicita eleganza quasi regale, vestito di nero con un papillon, pochi capelli e un nostalgico sorriso.  Lei bassa, dall’andatura goffa, schiena ricurva, di dirompente dolcezza, vestita di bianco con l’abito del matrimonio. Entrambi inoltrati nella terza età del tempo. Festeggiano loro stessi uniti in un'unica essenza, inseparabili nelle mutevoli stagioni dell’amore. In scena due bauli di impronta beckettiana a far da contorno all’incanto della loro unione, scatole argentate di ricordi, matriosche di antiche esperienze. L’innamorato guarda l’orologio da taschino, è giunta l’ora di festeggiare: fa scoppiare un petardo e lancia una modesta manciata di coriandoli. Si baciano. Ingenuamente. Si baciano. Timorosamente. Si baciano e… Ballano. Ballano. Ballano. Sembra che ballino per la prima volta come per l’eternità. Timidi e agguerriti i loro movimenti. Lei si aggrappa a lui, e lui si poggia a lei, fragili quasi spaventati e increduli all’idea che il loro amore sia durato una vita intera. Eppure sembrava il ballo di fine anno. Con giochi di equilibrio, per non cadere, scivolare giù nella abbandono, si coordinando nel sorreggersi amorevolmente a vicenda, come un invito a non dirsi basta. Si guardano. Si sfiorano. Si toccano. Lui si sbottona i pantaloni, si avvicina a lei, un istintivo e taciturno orgasmo. Un melodico carillon viene estratto dal baule, elogio alla danza, i cagionevoli volti scompaiono, i protagonisti ritornano ad essere giovani. Indossano nuovi occhiali, chiosatori di un cammino all’inverso nella storia vissuta insieme: amore, passione, gelosia. “Dobbiamo ballare”  si dicono. Si sussurrano nuove verità contro la monotonia.  Dall’emozionante e longevo ballo del lento che li univa per una senile interdipendenza si passa a un’eccitante swing, liberatorio, animalesco fino ad approdare al festivo e spensierato ballo dell’Alligalli .  La passione tra i due incalza sempre più, come in estasi, un brio emotivo innaffia la vita circostante: il primo appuntamento, le passeggiate sotto il balcone dell’amata, la gelosia di uno sguardo, la voglia di sposarsi, la realizzazione di un sogno, il concepimento. Creature Creatrici. Regna una folle felicità che non conosce ragion di essere se non nell’amore e per l’amore; senza l’obbedienza a dettami esterni alla propria volontà, una sola e abbagliante allegria di vivere per viversi.  Viene così spazzata via la malinconia visione di un tempo sordo e andante, con la consapevolezza che il “tutto” è nell’attimo di intesa partecipazione, che non esiste davvero un mondo se non lo si vive. Immagini e rappresentazioni scrigno del remoto e giovane passato vengono custodite nei bauli alcova della propria anima e vengono rievocati tramite oggetti simbolo.  Amore Lui,  scompare dietro l’esistenza terminata, lo fa in modo delicato, raffinato nel silenzio di chi parte per un viaggio senza ritorno. Chiuso nella cassa. Amore Lei triste, annientata e rassegnata, non più abituata all’idea della solitudine, sta appoggiata sul baule memoria, estrae una spina elettrica e stacca la presa. Ora lontani, distanti dal mondo. Dopo essersi guardati per un’intera vita con gli occhi dell’amore.

Testo e regia:  Emma Dante
Assistente alla regia: Manuela Lo Sicco
Con: Elena Borgogni e Sabino Civilleri
Luci:  Cristina Fresia
Foto e grafica:  Carmine Maringola
Produzione: Sud Costa Occidentale, teatro stabile di Napoli, ctr centro di ricerca per il teatro
Collaborazione: théatre du rond-point 

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