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venerdì 5 agosto 2011

LA MONTAGNA INCANTATA


di Paola Monaco

Nonostante la scena si apra con un brioso turbinio di forme e colori, mescolati allegramente negli Scalognati, pazzerelli abitanti di un mondo lontano anni-luce dal nostro, la rappresentazione de I giganti della montagna lascia trapelare, in maniera pressoché costante, un filo di amarezza. Sono principalmente due i fattori che determinano questo stato di inquietudine latente: il primo è legato all’incompiutezza dell’opera, dovuta alla scomparsa dell’autore, che la rende una sorta di performance-testamento; il secondo elemento si riferisce a una morte più simbolica: quella della poesia all’interno del teatro e della vita.
Calata all’interno di una evidente polemica politico-sociale, la fiaba si imbeve di un fascino tanto più grande quanto più è necessario sottolinearne l’aspetto critico. Questo perché, in risposta all’elemento brutale e materiale figurato dai Giganti, la fantasia degli Scalognati, persone raffinate e sensibili in barba al loro aspetto giocoso, si presenta come baluardo della Bellezza. Il sogno è dittatore in questo regno immaginario, dove l’evanescenza è concretezza e l’illusione è realtà.
Crotone, prodigioso regista di un’esistenza fantastica, che Calderón de la Barca aveva già intuito ne La vida es sueño, è in prima linea nella lotta per l’affermazione di sé, di un proprio spazio dominato da leggerezza e spontaneità. Ingenui tontoloni, farneticanti vecchiette, deliziose signorine trasformate in bignè da abiti eccessivi, ombrellini volteggianti, nastri di ogni colore, luci che vivono di vita propria: tutto rapisce la fantasia infantile dello spettatore che, in questa dimensione, riconosce qualcosa di convincente, al cui suono vibra la sua anima. Solo in questi confini il teatro può rimanere vero.
Ma non tutto è scevro da dolore. La sofferenza nasce proprio dallo sforzo di credere nell’incredibile. Gli Scalognati accolgono tutto ciò che il mondo rifiuta, spesso per ignoranza. Così, la raminga compagnia della contessa Ilse, in cerca di un pubblico che possa finalmente apprezzare la rappresentazione de La favola del figlio cambiato, trova qui momentaneo conforto.
La protagonista di questa nuova realtà di teatro nel teatro, Antonella Alfieri, capelli rosso melograno e viso estremamente espressivo, ammalia con la sua bellezza eterea e con la sua bravura. Essa incarna, con grande sensibilità, il dolore dell’umanità incompresa, rifiutata, tormentata da mille sciagure. Il mago Crotone, impersonato da un sempre brillante e impeccabile Marcello Amici, è il savio consigliere che non si perde d’animo, il personaggio super partes che avvolge con il suo nero mantello le drammatiche realtà di ognuno. Lui è il re della fantasia, dell’arbitrario, dell’allucinazione delirante, della dimensione onirica che fa ballare il valzer ai fantocci del castello. Essi, duplicazioni dei personaggi stessi, intervengono a confondere la percezione della realtà, come vuole la tradizione pirandelliana. Nel momento in cui la Contessa decide ostinatamente di partire verso la montagna degli zotici Giganti, per realizzare il suo progetto, un lenzuolo bianco cala sulla scena. Nulla è a caso.
A chiudere, il commovente monologo drammatico del regista, che riporta il testamento di Pirandello.
Luci e musica, adeguatamente utilizzati, hanno contribuito fortemente alla buona resa dell’incanto. La Bottega delle maschere, con i suoi validi attori, continua a meravigliare con la sua maestria ed eccellenza, salutata dal pubblico con una pioggia di interminabili applausi.

I GIGANTI DELLA MONTAGNA
La Bottega delle maschere
Giardino della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino
Regia: Marcello Amici
Direzione artistica: Natalia Adriani
Con Marcello Amici, Marco Vincenzetti, Simone Destrero, Stefano Capecchi, Umberto Quadraroli, Linda Sessa, Antonella Alfieri, Maria Lovetti, Carlo Bari, Andrea Carpinteri, Simona Giaimo, Giorgia Serrao, Marco Tonetti, Anna Varlese.

Pirandelliana 2011, dal 5 luglio al 7 agosto 2011

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