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giovedì 3 febbraio 2011

EQUILIBRIO: LA DANZA DI QUALITA’ TORNA ALL’AUDITORIUM

Come di consueto ormai, nella fredda Roma di Febbraio, l’Auditorium parco della Musica di Roma, regala un appuntamento con la danza contemporanea da non perdere. Ieri sera, nella splendida cornice della Sala Petrassi, si è aperta la fantasmagorica rassegna  “Equilibrio”, anche quest’anno sotto la direzione di Sidi Larbi Cherkaoui.

Teatri di Cartapesta era presente. Di seguito riportiamo le impressioni della redazione.

clip_image002[6]PLAY. Ricordando i giochi seri e disinibiti dei bambini, le turbinose giravolte di due amanti si incastrano nel vortice spazio-musicale creato da strumenti che si allontanano ed si avvicinano sulle loro zattere.Questi intelligenti quadrati, proiettati sullo sfondo, diventano una scacchiera. Un uomo e una donna si sfidano, in una danza da seduti. Il ritmo incalza. Pedine, torri, alfieri, re e regine si sfiorano in una forsennata corsa senza meta. Chi vince? A conti fatti, si finisce sempre pari.

L’importante è il tempo del gioco, il tempo delle strategie. E’ lo sguardo a fare scacco. Si gioca con l’Altro, per l’Altro, imitando vicendevolmente l’Altro. Soltanto così si ritrova il proprio tempo. L’arpa canta storie di maschere; siamo tutti burattini e burattinai. Giocare è più facile, più intrigante, nascosti dietro al proprio alter-ego. Dovremmo liberarcene, ma resta sempre come sospeso … la prima sfida da vincere è quella con noi stessi.

clip_image003[6]Dal coro degli strumenti si aggiungono due giocatori al tavolo. Si gioca a mani scoperte, creando la migliore delle narrazioni possibili. In sintonia ognuno riesce a fare la sua parte. Due mani si scelgono, le altre tamburellano le dita in una nervosa attesa. Una danza seducente sublima la competizione. Un’ironica serenata ci svela quell’amore che rende bendati, forse sordi e un po’ banali.

La musica e i giochi cos’hanno in comune? Allenano la mente e, quindi, le emozioni. Per dircelo Shivalingappa e Cherkaoui intrecciano musica, gesto, parola ed immagine in quello che diventa un sincronico e riuscito gioco di linguaggi. Gioco coreografico, specchio del polisemantico “Play”.

Il risultato è uno spettacolo curato ed evocativo, che nell’esaurire le forze ci impone un’immagine finale: due trattini, “Pause”. Simbolo, che forse invita a fermarci un momento, a guardarci intorno, ed a cominciare, a nostra volta, a metterci in gioco.

Programma del Festival

Ludovica Marinucci

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