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domenica 21 marzo 2010

FIBRE PARALLELE E LA LORO BARI

FIBRE PARALLELE E LA LORO BARI

di Katia Caselli

Fibre_Parallele Un Palladium trasformato in una cripta familiare. Musiche assordanti e un chiacchiericcio di sottofondo. Un padre, un figlio, una zia e un capitone. Così inizia Furie de Sangre. Emorragia cerebrale di Fibre Parallele. È la storia di una famiglia di Bari: un padre che indisturbato esercita la sua autorità; un figlio un po’ stolto che passa le sue giornate a giocare al Gratta e Vinci; una zia dai tratti severi, impegnata a prestare cure ed attenzioni al suo capitone.

Poi l’arrivo di una fidanzata, che sbuca direttamente da un sacco nero dell’immondizia, volgare nei modi e nel conciarsi. È qui che si consuma il dramma familiare. A seguito di numerosi controlli ed interrogatori, la nuova arrivata sarà vittima di una violenza da parte del padre, che penetrato dal capitone, improvvisamente scomparso dalla vasca, vivrà un processo di inebetimento, a causa del quale non sarà più capace di parlare. L’impoverimento dell’uno sarà forza per l’altra: la fidanzata, presa coscienza di quella che sarà la sua nuova vita domestica, si rivolgerà direttamente al pubblico, raccontando le sue speranze sul futuro.

Non riesco in realtà a capire cosa di questo spettacolo merita più attenzione e sia degno di essere il soggetto di una recensione. All’inizio ero convinta, che sì, in fondo questo lavoro poggia la sua validità sulla ricostruzione antropologica che Fibre Parallele riesce a fare del sud Italia, lo spaccato di una Bari primitiva, riassunta dalle vicende di una famiglia. Se così fosse, più che di uno spettacolo teatrale, potremmo parlare di una vera e propria ricerca scientifica.

Ma in questo modo mi sembrava di ridurre il lavoro ai minimi termini. Allora sì, ecco cosa ritroviamo di veramente brillante e importante, la lingua. Non è scorretto sottolineare l’importanza dell’uso del dialetto, strumento idoneo e forse l’unico pensabile per una possibile traduzione di una cultura altra. In fondo associando gesto, visione e parola, riusciamo fin da subito a seguire i dialoghi tra il padre, il figlio, la zia e la fidanzata, a riderne dei loro comportamenti. No, in realtà non può essere nemmeno questo.

Sì, ci sono è la costruzione scenica: come la mano destra e la sinistra formano una simmetria enantiomorfa, così il palco e la platea del Palladium si osservano a vicenda, si specchiano l’uno nell’altro, riflettendo nella forma simile le loro differenze. Il padre ci guarda, con il telecomando in mano puntato su noi spettatori, pronto a cambiare programma; la fidanzata trionfante ci parla, alla fine dello spettacolo, conducendoci così al termine di questo viaggio. E noi con il nostro sguardo siamo intenti a guardarli agire. Sì, è certamente così, altrimenti non ci ritroveremmo illuminati dopo esserci nascosti nell’oscurità della sala per tutta la durata dello spettacolo, aver spiato dal buco della serratura, assistendo omertosi al dramma familiare che si andava consumando. Ma è davvero possibile pensare di assistere ad un’ora di spettacolo ed aspettate la sua fine per apprezzarlo?

Con Furie de Sangre. Emorragia Cerebrale, Fibre Parallele in realtà riesce a fare tutto questo: con figure dai tratti posticci ci parlano della loro terra; con l’uso del dialetto, ci illustrano un percorso di ricerca sulla lingua; con la loro regia e drammaturgia si prendono gioco di noi, scoprono e illuminano il nostro sguardo giudicante, pronti a puntare il dito su ciò che è diversamente simile a noi.

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