
di Francesca Zompetta
Una bolla di vetro sospesa nello spazio e nel tempo; il rumore perenne della tormenta dell’animo durante la notte più lunga dell’anno e uomini che si muovono nello spazio scenico senza emettere alcun suono. I loro gesti che vanno dall’ironico allo spasmodico e incontrollato comunicano più di mille parole, guidando il flusso delle nostre emozioni, ed è proprio questo lo stupore che desta tale tipo di teatro sperimentale. Lo spettatore fino ad un certo punto non capisce esattamente quali siano le dinamiche e le relazioni che legano i personaggi che si riuniscono nell’apparentemente allegro convivio della vita, finchè non arriva l’eco di una voce lontana che scandisce in inglese i pensieri dei bizzarri personaggi accontentando anche gli spettatori più curiosi.
Voce che poi si materializza mimetizzandosi in mezzo a noi e giudica in maniera imparziale noi stessi con tutte le nostre debolezze e i nostri pensieri più nascosti proponendoli in maniera a volte ironica, a volte meno. Ecco che piano piano esce fuori lo specchio del paranoico uomo moderno che perde sempre di più l’empatia verso l’altro. Sembra quasi la rappresentazione di un’enorme farsa anche se molto vicina alla vita reale, dove ognuno cerca di adattarsi, è sempre alla strenua ricerca dell’accettazione sociale e, vergognandosi di mostrare i propri disagi preferisce addirittura indossare enormi maschere di cera che non gli appartengono. Spettacolo che va in crescendo, provocando dal riso alla commozione sino al senso di vuoto portato dall’esasperazione di vignette tragiche solo immaginate e scandite dalla voce.
Senza tante vie di mezzo insomma, non può non lasciarci andare a casa senza uno spunto di riflessione su di noi che, anche se non comunichiamo, siamo in fondo la piccolissima parte di un universo tutto uguale e desideroso di comprensione.
Interiors
Creazione di Vanishing Point
Ispirata all’opera Intérieur di Maurice Maeterlinck
tecnico: James Gardner
produzione: Fiona Fraser
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