
di Cristina Carrisi
“Bisogna rappresentare la vita non come è né come dovrebbe essere, ma come essa ci appare nei sogni”. Daniele Finzi Pasca si rivolge col suo delicato Donka – Una lettera a Cechov alla sensibilità dello spettatore, investendone la fantasia e facendo affiorare al lavoro della sua coscienza immagini d un’arte purissima e onirica, nonché tutta la suggestione di attimi destinati ad imprimersi come istantanee nell’immaginario di chi ne ha fruito. Lo spettacolo colpisce per incisività dei segni e insieme per la palpabile ricerca di “stati di leggerezza”, costituente la cifra del regista.
Donka è una felice commistione di emozione teatrale e stupefazione circense, accompagnata dalle note di una fisarmonica e da colori magici; dalle citazioni e dalle divagazioni scaturite da uno studio-divertissement sulla vita e l’opera cechoviane; l’equilibrio dell’esibizione è tutto costruito – e non potrebbe essere altrimenti – su un sapiente montaggio di attrazioni.
Siamo introdotti nel mondo dello scrittore-drammaturgo-medico-pescatore russo dal prologo di due attori che portano con sé delle bianche lavagne luminose. Ecco, quei lumi paiono al contempo i fogli bianchi del poeta che si appresta al suo vago lavoro, dove sempre le immagini prendono il sopravvento sulla parola tout-court. Lavoro che porta con sé frammenti d’irrazionalità, sovrimpressioni ammaliatrici… da subito la rappresentazione entra nel vivo e trascina il pubblico nel suo vortice, talora festoso, spesso malinconico, di ombre e proiezioni spettacolari, di trasparenze e canti corali di sapore russo. Nel primo atto si susseguono momenti d’impagabile ilarità (le ginnaste sospese sull’altalena, il gioco degli equilibri precari performato e al contempo reinventato con la complicità di un proiettore e, in chiusura, il rito liberatorio del ghiaccio che fra sospensioni e danze surreali si infrange gaiamente ai piedi dei performer).
I poeti sono come pescatori, e immergono i loro “donka” (sonaglini che si usava fissare alle estremità delle canne da pesca) come fossero sonde che scrutano e recepiscono stimoli da uno sterminato mare d’idee. Leitmotiv suggestivo quello della pésca, che si esplicita e culmina nell’incantevole numero in cui gli otto performer stagliandosi di bianco vestiti all’ombra di un’arancio mosso e luminosissimo, lanciano i loro nastri da ginnastica ritmica divenuti per l’occasione altrettante canne da pesca. E’ un momento estatico: qui l’acrobazia cede il passo alla metafora della meditazione, riferendosi al tempo-attesa dell’ispirazione poetica.
Del secondo atto assolutamente da citare sono inoltre l’acrobazia nel cerchio, il duello “acquatico” e naturalmente la danza finale, dove un letto d’ospedale è protagonista di una frenetica, convulsa corsa, fra la gioia e la passione della vita e la spogliatezza della morte, fino a sovrapporsi alla preannunciata immagine di un Cechov morente come un poetico clown.
13/05/2011
Donka – Una lettera a Cechov
dal 20 aprile al 15 maggio al Piccolo Teatro Strehler
scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca
musiche e orchestrazione Maria Bonzanigo
direttore creativo Antonio Vergamini
direttore associato Julie Hamelin
scenografie e accessori Hugo Gargiulo
costumi Giovanna Buzzi
disegno luci e coreografie Daniele Finzi Pasca
disegno suono e coreografie Maria Bonzanigo
video designer Roberto Vitalini per bashiba.com
make-up designer e collaborazione agli accessori Chiqui Barbé
ideatore Roue Cyr Daniel Cyr
ricercatore e assistente alla regia Facundo Ponce de Leon
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