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L’ANIMA DI ROBERTA NICOLAI
di Gianpaolo Marcucci
In una città che corre, frenetica come un treno, cinque morsi di animo umano, cellule staminali di una vischiosa identità collettiva, si intersecano in giochi emotivi distanti e familiari. Il mondo è troppo caldo o sono gli uomini che sono troppo deboli? A chiederselo è Roberta Nicolai, direttrice artistica della compagnia Triangolo Scaleno Teatro che porta in scena al teatro Furio Camillo di Roma lo spettacolo “Anima”, una rivisitazione “azzoppata”, come lei stessa ci dice, del testo di Bertolt Brecht, L’Anima Buona del Sezuan. È la storia di una donna, un’anima buona, che tenta di aiutare chi è malato di miseria. Il riscaldamento è troppo alto, “sono tempi terribili”, così quelle figure ambigue si lasciano trasportare dal desiderio (illusione?), di una vita meno rovente.
Come parti di un solo copro, una schiera di vestiti è sospesa in cielo. Aspetta di esser indossata. Ma è il colore di un vestito a provocare sofferenza? O l’identificazione a un idea? I personaggi, il cui viso farebbe pensare ad una singolarità, sono intercambiabili, tasselli di un’unica sola anima, che alterna stati e sensazioni come si alternano i colori di un semaforo. E’ l’annullamento dell’individualità e il trionfo dell’identità collettiva. Nessuno ha niente di proprio, tutto e fuso e confuso, e la musica pop utilizzata nella scena, è esempio lampante di questo agglomerante common groud.
Il divino, che in Brecht è presente come personaggio, qui è sottinteso interlocutore, un misterioso capo, demone interno, al quale i personaggi si rivolgono con devozione. La struttura, divisa in scene, è paragonata alla composizione di un libro. Roberta Nicolai dimostra di conoscere l’autore anche al di fuori del testo, intramezzando le varie scene/capitoli dello spettacolo con degli indicatori che servono a guidare lo spettatore nella lettura, presi dal “Libro di devozioni domestiche” dello stesso Brecht.
Vi è una scelta precisa di accentuare il concetto di miseria, come causa del male. La sistemica schiavitù nei confronti del denaro e quindi del lavoro, viene qui posta come centro della riflessione sull’incapacità di essere buoni. “È tutta colpa della miseria”, una questione di economia. Si rabbrividisce di fronte al volto del capitalismo più ingordo raffigurato scenicamente da un inquietante muro dell’odio (quasi orwelliano) o dalla stridente innocenza di una filastrocca. Ma non si può scappare. I lati oscuri che si presentano, dopo un momento sono color pastello. Sono lati, appunto, di un unico icosaedro emotivo, quale, l’anima che si vuole raccontare, l’anima di una donna/umanità, è. Nell’andamento della storia il punto di vista cambia. Non è forse solo colpa della miseria. Anche quando l’economia non rappresenta più un problema, il male continua a persistere, gratuitamente. La giovane donna, l’anima buona, quella flebile scintilla che aveva acceso la speranza negli occhi della città, alla fine scompare. Non muore, ne scappa, scompare, coperta e sopraffatta da tutto il resto.
dal 1 al 6 dicembre 2009
Teatro Furio Camillo
Roma
Progetto, drammaturgia e regia Roberta Nicolai
Interpreti : Michele Baronio, Tamara Bartolini, Antonio Cesari, Francesca Farcomeni, Enea Tomei
Costumi e scene: Andrea Grassi
Scenotecnica : Giovanni Di Mascolo
Sound editor : Gianluca Stazi
Produzione : tst e OFFicINa di triangolo scaleno teatro
Con il sostegno di : Festival Quartieri dell’Arte (VT)
Durata : 80’
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