
di Paola Monaco
La tensione, nel dramma “Extremities” di William Mastrosimone, in scena al teatro India dal 3 all’8 maggio, è palpabile sin dal primo istante, e rimane sospesa, per attimi infiniti, in un cupo silenzio impregnato di agonia, in attesa di una tragedia che già si intuisce e si vorrebbe bloccare trattenendo il respiro. L’iniziale inquietudine dello spettatore contrasta con la lentezza dei gesti di vita quotidiana di una ragazza come tante, Marjorie, che trasformerà, a breve, la sua sonnolenta apatia in panico rabbioso, in un crescendo di emozioni, sempre più primitive e incontrollabili. La porta si apre, entra Raul e il tempo ricomincia a fluire: inizia una tragedia che ha ben poco di classico: è una tragedia contemporanea, difficilmente inquadrabile in schemi precostituiti, come lo è il Male che, nella sua deforme ambiguità, riesce ad essere dolcemente sussurrato durante una violenza carnale. Esso è mostruoso eppur banale, perché nella sua sfaccettata sfrontatezza, accomuna il genere umano e lo confonde al tempo stesso. Si può davvero parlare di dualismo morale? Quando la vendetta prende il sopravvento, chi è la vittima e chi il carnefice? Chi è il giudice e chi l’imputato? A che giovano l’analisi sociologica, la psicologia, la ragione, la saggia esperienza dei nostri simili quando la violenza arriva, come un lutto improvviso, a sovvertire tutti i nostri parametri interiori e i sistemi di valori consolidati nel tempo, fino ad un momento prima dormienti nel nostro inconscio? Dov’è l’estraneo, fuori o dentro di noi? La follia della violenza rappresentata non si consuma in un atto brutale e immediato: è lenta tortura, fisica e psicologica, è la confusione della mente incarnata nel fastidioso brusio di un insetto impazzito, che cerca la sua strada nel buio. Tutto è ambiguo: il “porco” chiama in causa l’avvocato, addirittura il confessore, e arriva a ringraziare il suo carnefice per la gentilezza inconsapevole di un gesto. “Chi sia davvero il porco qua dentro non mi è del tutto chiaro”, tuona una Patricia fuori di sé. Tutti sono ostaggi dei propri traumi, tutti sono ostaggi della rabbia di Marjorie e della prigione di giudizi e pregiudizi che sta prendendo forma attorno a lei. Ma l’umanità non è sorda al grido d’aiuto di chi è terrorizzato dal silenzio, principale rivelatore della propria miseria, e interviene a sublimare la meravigliosa bellezza di una donna che, seppur lacerata, di questa brutalità non vuole essere schiava. William Mastrosimone non si limita a rappresentare quel grido di reminiscenza espressionista che soccombe a tutti gli orrori del mondo, ma chiama lo spettatore a un ruolo attivo, risvegliando una serie di problematiche che imbrigliano i nostri tempi: dalla storia di donne violate nel segreto delle proprie case fino a quella degli stupri etnici. Di grande spessore psicologico e fine introspezione, Extremities, come un pungiglione, ci scomoda e ci spinge a reagire, con un realismo che funziona e conquista.
EXTREMITIES
di William Mastrosimone
traduzione e regia Bruno Armando
Scene Mario Fontanini
costumi Marzia Paparini
luci Luca Bronzo
con Alessandro Averone, Federica Bognetti, Laura Cleri, Paola De Crescenzo
In scena al Teatro India dal 3 all’8 maggio 2011
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