
Arriva a Roma l’appuntamento annuale con la danza di qualità
di Gianpaolo Marcucci
Contornati da una scenografia mobile di una semplicità pari al suo geniale utilizzo, un gruppo numeroso di danzatori contemporanei mostra con naturalezza la storia di un’esperienza trascendentale. La perdita temporanea dell’emisfero sinistro del cervello di una donna, che prova l’esperienza della connessione universale.
Una reale assenza di individualità, un abbraccio energetico infinito, che la mette in condizioni di sentire il legame che esiste fra tutte le creature, gli oggetti e gli stati della terra. L’io, il pensiero, “la vocina che ci ricorda di fare il bucato” scompare nel flusso.
Non manca niente. Parola, movimento, gesto quotidiano, profondità di concetto, emozione, immagine. A vedere quei corpi bellissimi, si perde la cognizione del tempo, forse perché il tempo, come la separazione dell’io, è frutto del pensiero, del nostro emisfero sinistro. Una qualità di movimento che rasenta la perfezione, rende l’occhio stupefatto. Consapevoli del proprio corpo come danzatori classici tra i più preparati, donne e uomini di tutte le etnie si lanciano in evoluzioni “realmente contemporanee” in cui il pavimento diviene parte integrante del proprio corpo (workfloor). Possono glissare per metri, creare forme surreali, fare salti di quelli che gli addetti ai lavori amano rivedersi alla moviola.
Sul piano visivo, e di ricerca, non c’è livello pari nella nostra povera Italia, dove ancora il contemporaneo si è fermato alle tecniche, fondamentali ma ormai anziane di Merce Cunningham e Marta Graham.
Lo spettacolo di Sidi Larbi Cherkaoui è davvero uno spettacolo riuscito, che lascia lo spettatore felice di essere andato a teatro. Ci auguriamo di rivederlo presto, magari prima della prossima edizione del festival.